Roma - Irricevibile no, ma la richiesta alle Giunte per le autorizzazioni delle Camere del gip Forleo di utilizzare come prove nel processo sulle scalate bancarie le intercettazioni di alcuni parlamentari, a cominciare da Massimo D’Alema e Piero Fassino, potrebbe ottenere un sì «condizionato»: relativo, cioè, solo alle conversazioni che incriminano l’indagato Giovanni Consorte, numero uno di Unipol.
Questa linea sembra prevalere ufficialmente nell’Ulivo, dopo la riunione di ieri pomeriggio. «Siamo favorevoli al rilascio delle autorizzazioni all’utilizzo di queste intercettazioni, naturalmente nei limiti del procedimento Consorte, che è il limite che la stessa ordinanza della Gip Forleo tecnicamente ci pone», spiega il Dl Pierluigi Mantini. Ma c’è anche chi lavora per prendere tempo, con la giustificazione che si debba aspettare la pronuncia della Consulta, che il 24 ottobre dovrà pronunciarsi sulla legge Boato e le competenze delle Giunte per le intercettazioni «indirette» di parlamentari. La linea l’ha indicata proprio D’Alema, nella memoria difensiva inviata 3 giorni fa a Montecitorio, in cui suggeriva appunto di attendere il giudizio della Corte costituzionale. Così, pur non rinnegando la disponibilità espressa a luglio a finire nel processo almeno come testimoni, i leader Ds otterrebbero intanto di dilatare i tempi oltre il momento delicato per gli equilibri interni delle primarie del Pd e potrebbero sperare in un paletto posto non da loro ma dai giudici costituzionali. «Se slitta il voto non sarà una tragedia», dice il Dl Lanfranco Tenaglia. Gli accordi sarebbe facile trovarli trasversalmente. Per il vicesegretario Udc Michele Vietti dopo la sentenza della Consulta si arriverebbe a «una decisione più consapevole», ma il suo partito lascerà libertà di coscienza. Il presidente della Giunta, il centrista Carlo Giovanardi, si esprime per il sì come relatore del caso di Salvatore Cicu (Fi), ma un rinvio per la pronuncia costituzionale potrebbe sembrargli un giusto compromesso. Anche la Giunta del Senato (che dovrà pronunciarsi sulle intercettazioni del Ds Nicola La Torre e di Luigi Grillo e Romano Comincioli di Fi), vuole valutare se attendere la Consulta, spiega il presidente An Domenico Nania. Eppure, il presidente emerito della Corte Aldo Corasaniti dice che, al contrario, «anticipare un’opinione sarebbe mancare di rispetto alla Giunta».
Tutto questo, mentre dalla Procura di Milano filtrano insistenti indiscrezioni sul fatto che Fassino non rischierebbe di essere indagato per insider trading, mentre a D’Alema e La Torre potrebbero essere contestati i reati di aggiotaggio e, solo al ministro degli Esteri, di violazione del segreto istruttorio. Questo, insistono gli inquirenti, sarebbe possibile solo dopo l’ok della Camera.
La Giunta di Montecitorio si riunirà mercoledì ed entro giovedì dovrebbe votare e passare la parola all’aula. Ieri i relatori Antonio Pepe per Fassino e Elias Vacca per D’Alema, hanno confermato il loro sì alla richiesta della Forleo, sulla base delle memorie difensive. L’ipotesi di rinviare l’ordinanza a Milano perchè illegittima, come sostenuto da D’Alema, in parte da Fassino e nella Giunta da Enrico Buemi dello Sdi, non appare praticabile anche perchè è prevista solo per errori formali. Mentre alla Forleo vengono sollevate da ogni parte obiezioni sostanziali, di metodo e di motivazione, ma il documento sarebbe legittimo.
La partita è tutta da giocare, perchè quando si parla di prerogative dei parlamentari le alleanze si formano al di là dei partiti. Fi è per il no e ha 5 dei 21 deputati in Giunta, i 2 di An sono favorevoli, il leghista non si è espresso.
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