Controstorie

Un'isola in guerra: troppi territori venduti a stranieri

La lotta disperata di allevatori e farmers per fermare il magnate inglese Jim Ratcliffe che s'impossessa di terre e fiumi. «Un feudatario. Siamo ospiti sgraditi in casa»

Marzio G. Mian

da Akureyri (Islanda)

«Stiamo diventando la Palestina dell'emisfero settentrionale, ospiti sgraditi a casa nostra», dice il signor Johannes Sigfusson, 66 anni. Accarezza il suo cavallo preferito nella stalla, si chiama Othor, che vuol dire al cospetto di Thor, nero con la criniera fulva, una creatura che sembra davvero venuta dal Valhalla, mette soggezione. Tra gli allevatori del Nord Est dell'isola un'area di centomila chilometri quadrati e abitata da 500 persone - Johannes è tra i più importanti, una sessantina di cavalli e 1400 pecore. La fattoria di quattromila ettari esiste da trecent'anni. Ma è soprattutto il riferimento d'una sorta di «fronte di liberazione agrario» che combatte contro l'«inglese», sir Jim Ratcliffe, magnate del petrolchimico, una ricchezza personale stimata sui venti miliardi di euro e padrone «feudatario straniero», precisa Johannes - di quasi il due per cento dell'intera Islanda, un territorio concentrato tutto in questa regione nord orientale, così selvaggia che la Nasa fino agli anni Ottanta vi portava gli astronauti a impratichirsi con la Luna. «Attraverso il suo scagnozzo, un avvocato di Reykjavik con residenza in Lussemburgo, prova a costringermi a mollare, ma non esiste nessuna offerta in grado di farmi cambiare idea, questa terra appartiene ai miei avi, non è mia».

Nessuno sa quanto davvero Ratcliffe abbia speso finora, ma si parla di proposte indecenti milionarie che hanno portato molti allevatori a vendere: possono ancora rimanere per dieci anni nella fattoria, ma senza voce in capitolo sulla terra. Si tratta di grandi proprietà lungo fiumi che nascono in un complesso di ghiacciai, attraversano aree impervie e disabitate e sfociano nell'Oceano Artico, sono tra gli ultimi al mondo dove risalgono ancora i salmoni. In Islanda i diritti sui fiumi appartengono a quei possidenti la cui proprietà confina con il corso d'acqua. E da decenni, da quando i cosiddetti «salmon safari» sono diventati un grande business internazionale ricconi che sborsano cifre spropositate per venire a pescare da queste parti, coccolati in lussuosi lodge dotati di chef e sesso à la carte - gli allevatori si sono costituiti in società per affittare il fiume intero a compagnie dalle titolarità opache con sedi offshore che a loro volta noleggiano ai pescatori vip. Per le imprese agricole si tratta di entrate importanti per far quadrare i conti perché con la carne d'agnello, per quanto pregiata, non si campa più. Poi è arrivato Ratcliffe, e ad esempio qui lungo il fiume Hofsá, uno dei sei nel mirino del magnate, ha acquisito già sette fattorie con relativi terreni delle 15 che costituiscono la società che gestisce il fiume. «Gli basta un altro voto e sull'intero fiume comanda lui», dice Johannes. «Perdiamo terra, acqua, identità e sovranità nazionale. Con la scusa di salvare il salmone questo signore si accaparra un territorio che nei prossimi decenni avrà un valore immenso perché con il riscaldamento globale che desertifica mezzo mondo e con un Pianeta sempre più sovraffollato, il Grande Nord sarà preso d'assalto, l'Islanda sarà una nuova piccola Australia, in quanto le condizioni climatiche cambiano, a queste latitudini l'ambiente è sempre più vivibile, senza dire che siamo ricchi di risorse. Infatti», aggiunge l'allevatore mostrando una mappa della regione, «qui abbiamo riserve abbondanti di acqua purissima. Non è finita: a Finnafjord, qui a Est, costruiranno un porto gigantesco per i nuovi traffici marittimi artici. Capocordata il porto di Brema, un affare da 15 miliardi di euro».

La comunità è divisa, rapporti secolari di buon vicinato interrotti. Chi ha venduto perde il saluto al supermercato, è cacciato da Facebook. I genitori non invitano figli del «traditore» ai compleanni. Per esempio tra i Sigfusson e i Gunnarstadir non c'è mai stato un confine, si sono sempre condivisi i pascoli al di qua del fiume, ma ora che i vicini hanno ceduto a Ratcliffe (si mormora per un milione e mezzo di euro) Johannes chiede al governo d'intervenire. Così come di legiferare in fretta per impedire agli «stranieri» di portarsi via fette intere d'isola. Al municipio di Þórshöfn, villaggio di 320 anime dove ha sede una delle più importanti aziende ittiche nazionali (50mila tonnellate di pesce lavorato ogni anno) il consigliere Siggeir Stefànsson teme che l'ipotesi di una tale legge possa invece invogliare gli indecisi a vendere prima della sua entrata in vigore: «Gli uomini di Ratcliffe, diciamo non proprio la crema del Paese, cercano i vecchi, oppure le famiglie che non hanno i mezzi per far studiare i figli all'estero. Se davvero Ratcliffe volesse salvare i salmoni senza annientare la nostra comunità e le nostre tradizioni, potrebbe affittare i fiumi per trent'anni. Invece vuole la terra e l'acqua. A Reykjavik ho sentito anche parlare di un acquedotto per trasportare l'acqua dall'Islanda al Regno Unito».

Sono numerose le operazioni sospette di landgrabbing mascherato da ambientalismo nel Grande Nord, dall'Alaska, al Canada, alla Groenlandia, ma qui c'è un accanimento. Infatti quattro anni fa il governo islandese ha bloccato in extremis con una legge ad personam - «contro acquisizioni di cittadini non europei che mettano a rischio la sovranità nazionale» un'operazione da un miliardo di euro che vedeva come compratore Huang Nubo, un uomo d'affari cinese, miliardario nel settore turistico, ex responsabile della propaganda del Partito comunista. A Nubo non interessavano i salmoni, ma parlava di voler costruire resort e campi da golf in un'area grande due volte e mezzo Manhattan, 217 chilometri quadrati di roccia e licheni appartenenti alla più estesa e antica fattoria islandese, la Grímsstadir, fondata nel 1500, una delle 10 lungo il fiume Selá.

Quella legge non valeva però per l'«europeo» magnate del petrolchimico (tra l'altro decisamente pro Brexit) che infatti nel 2017 ha iniziato proprio da quelle montagne a fondare Ratcliffeland.

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