Esigenza di chiarezza, di partecipazione e di rispetto delle regole: questa è la posizione dellAnuu Migratoristi in merito ai rapporti sovente conflittuali esistenti tra le attività faunistico-venatorie e quelle di protezione e conservazione ambientale. Quale può essere, allora, la soluzione del problema, poste anche le diffidenze reciproche e le battaglie che durano da lunghi anni e che vorremmo finalmente esaurite o perlomeno ridotte?
- Chiarire una volta per tutte che le percentuali massime di territorio a tutela e quindi a divieto di caccia previste dalla Legge n. 157/92 sullattività e la pianificazione faunistico-venatoria, devono essere assolutamente rispettate, perché sono frutto di una serie di valutazioni anche complesse. È opportuno rammentare che a tali percentuali concorrono tutte le aree a divieto di caccia per effetto di qualunque legge o disposizione.
- Chiarire una volta per tutte che le aree a parco naturale nei parchi regionali, per essere dichiarate tali, devono possedere requisiti ben precisi che non possono essere disattesi e che le aree agricole evidentemente non presentano.
- Chiarire una volta per tutte che non è sufficiente apporre delle tabelle con la dicitura «divieto di caccia» per conservare il territorio o farlo rifiorire ove degradato. Senza unattenta gestione, avremo gli specchi dacqua soffocati dalla vegetazione palustre e i boschi sempre più a rischio incendi. Molto meglio un coinvolgimento del mondo venatorio e di quello agricolo.
- Chiarire una volta per tutte che tra gli Enti di gestione delle aree naturali protette e le associazioni venatorie o i comitati degli Atc e Ca (ove siedono pure agricoltori e ambientalisti), possono essere instaurate collaborazioni per attuare programmi specifici, sia di gestione ambientale sia di interventi attivi sul territorio anche ai fini faunistici.
In merito ad altre tipologie di territori a tutela, che si possono ritrovare nelle «fantasie» regolamentari regionali, si richiede di:
- Chiarire una volta per tutte che i Parchi locali dinteresse sovracomunale differiscono dalle aree naturali protette essendo afferenti alla disciplina in materia urbanistica, e non possono perciò essere assoggettati al divieto di caccia, materia che spetta alla Regione e alle Province.
- Chiarire una volta per tutte che i siti comunitari appartenenti alla Rete Natura 2000 non prevedono a priori il divieto di caccia. Questo principio vale tanto per le Zone di protezione speciale che per i Siti dimportanza comunitaria che per le Zone speciali di conservazione. Si dovranno invece di volta in volta esaminare le situazioni per redarre piani di gestione di ciascun sito, allinterno dei quali prevedere i divieti o le limitazioni alle attività antropiche che risultassero incompatibili con le finalità istitutive di tali siti.
Nessun senso avrebbe quindi equiparare i siti di Natura 2000 alle aree naturali protette di cui alla Legge n. 394/91 e si auspica che a livello nazionale i ministeri competenti ne siano ben consapevoli, così come le Regioni. Un segnale positivo è giunto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni, a seguito della quale il ministro per lAmbiente Altero Matteoli sarebbe in procinto di emettere un decreto su Natura 2000 che sanerebbe molte incertezze e preoccupazioni del mondo venatorio.
Per concludere, vogliamo citare un esempio: laccordo sottoscritto dalla Federazione delle associazioni venatorie e per la conservazione della natura dellUe e BirdLife International, la più importante organizzazione non governativa internazionale per la protezione degli uccelli. Tale accordo individua una serie di obiettivi comuni e prioritari anche ai fini dellarresto della perdita di biodiversità da qui al 2010.
Uniti a difesa della natura
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