Usa, crescita sotto le attese per colpa dei consumatori

Vista dall’America, la Libia non è poi così lontana. I prezzi del petrolio ne accorciano le distanze. Con le quotazioni del West Texas Intermediate attorno ai 100 dollari il barile proprio a causa della guerra civile libica, una variabile fino a poco tempo fa non prevista si è insinuata come un cuneo sulle previsioni 2011. Quanto dovranno pagare gli Usa in termini di minor crescita nel caso non dovessero rientrare le tensioni sul greggio? La dote lasciata dal 2010 è una crescita del 2,8%, più bassa rispetto al 3,2% della prima lettura. Colpa di consumi privati che si sono rivelati, nel quarto trimestre, meno robusti delle attese (da +4,4% a +4,1%) contribuendo così a limare al 2,8% (dal 3,2% della stima preliminare) l’espansione complessiva nell’ultimo quarter dell’anno scorso.
Proprio il pilastro delle spese private, da cui dipende oltre il 70% del prodotto interno, potrebbe faticare a reggere l’onda d’urto portata dal surriscaldamento dei prezzi delle commodity. I precedenti non sono incoraggianti. All’inizio del 2008, i prezzi del greggio si trovavano sui livelli attuali, e l’ascesa continuò fino all’estate, cioè fino all’esplodere della crisi dei mutui sub prime. Quel che è successo in seguito, è noto.
Ipotizzare scenari è sempre complicato. Lo è ancor di più ora, con una situazione in Nord Africa tutt’altro che cristallizzata. Ma è evidente che un eventuale allargamento delle tensioni a due colossi petroliferi come Iran e Arabia Saudita avrebbe conseguenze catastrofiche. In ogni caso, ogni rincaro di 10 dollari del greggio porta con sè un taglio di alcuni decimi al Pil e un contestuale surriscaldamento dell’inflazione di circa lo 0,2% per ogni aumento del barile attorno al 10%. Gli Stati Uniti sono un Paese notoriamente energivoro, soprattutto di carburante, sia a causa di automobili di grossa cilindrata, sia per le grandi distanze che si percorrono anche in occasione delle festività. Sono infatti 140 miliardi i galloni (oltre 530 miliardi di litri) bruciati in un anno. Se alla pompa i listini salgono di 20 centesimi al gallone, l’effetto sulle spese è quello di una contrazione di almeno 2mila miliardi.
Ecco perchè i mercati seguono con attenzione parossistica tutti gli sviluppi sul fronte mediorientale e sperano che la crisi libica possa risolversi in tempi rapidi e con una nuova realtà politica in grado di garantire stabilità al Paese anche nei rapporti con i partner internazionali. Ieri Wall Street è rimasta a galla, meglio sono andate le Borse europee (+1,8% Milano), ma la prossima settimana si preannuncia fitta di avvenimenti in grado di cambiare l’umore dei listini, a cominciare dall’audizione di martedì del leader della Fed, Ben Bernanke.

Gli investitori americani sembrano ancora convinti che quest’anno l’America crescerà almeno del 3%, un tasso di sviluppo che dovrebbe aiutare - parzialmente - ad aggredire la disoccupazione (al 9,3%) e a compensare la riduzione delle spese private determinata dal caro-petrolio. Ma l’incognita Nord Africa resta.

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