Pino Bisazza, presidente del gruppo Trend (leader nella produzione di mosaici in vetro, 750 dipendenti, una presenza in 50 mercati nei cinque continenti) è un imprenditore vecchio stampo. È stato il numero uno degli industriali di Vicenza, lo scorso novembre Ernst&Young lha premiato tra gli imprenditori dell'anno.
Presidente Bisazza, non è troppo facile ed elevato il guadagno dei manager?
«Sicuro. Un conto è il ricavo dell'imprenditore che rischia sul proprio, un altro quello del manager. Negli Stati Uniti, dove il sistema capitalistico è più sviluppato e la concorrenza è maggiore, le cose sono diverse».
Che cosa succede?
«Laggiù gli emolumenti sono legati ai risultati, da noi invece molti di questi signori prendono stipendi e liquidazioni elevati a prescindere dai frutti. Cimoli e altri manager sono usciti da aziende come Alitalia o le Ferrovie lasciando pesanti perdite ma intascando somme enormi: questo non avverrebbe in America. Lì prendi i soldi, e anche tanti, se porti risultati; altrimenti vai a casa. Qui invece non si manda a casa nessuno, e le rare volte che succede ti riempiono di denaro. L'unico rischio è per la carriera, ma siccome i manager in uscita dalle aziende pubbliche vengono subito riciclati, non corrono neppure quel pericolo».
C'è possibilità di cambiare il sistema?
«Bisogna privatizzare. Dove ci sono imprenditori o azionisti che rischiano e badano al risultato non si giustificano stipendi di questo tipo».
Ma nella classifica del Sole 24 Ore sono compresi i vertici di banche e aziende che non sono più pubbliche da tempo.
«Molte banche a capitale privato sembrano ancora legate a criteri che non sono quelli dell'imprenditoria normale. È ancora un settore privilegiato, e di questi tempi credo lo sia ancora di più, perché possono approfittare delle variazioni dei tassi per fare ottimi bilanci. I soldi ci sono, nelle banche. E chi li ha sta giocando pesantemente».
E i manager Telecom?
«Ci sono incrostazioni dure a morire. Situazioni di privilegio precedenti vengono mantenute perché in Italia non è facile il ricambio nel management. In altre economie non è così, negli Stati Uniti la meritocrazia è premiata e lo è fortemente, ma è altrettanto penalizzata quando le cose non funzionano».
Lei con i suoi manager come si regola?
«Sono legati ai risultati. Ne ho avuti alcuni legati a stock-option che sono recentemente usciti. Comunque hanno tutti una base sufficiente e una parte legata ai risultati. In qualche modo, rischiano anche loro».
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