Usa, Obama perde i pezzi Se ne va anche Gregg

Il senatore del New Hampshire rinuncia al ministero del Commercio. Sarebbe stato il terzo esponente repubblicano del governo. Salgono a quattro le rinunce nel team del presidente

Usa, Obama perde i pezzi 
Se ne va anche Gregg

Il tentativo del presidente Barack Obama di allargare oltre i confini del Partito democratico la base del consenso per la sua azione politica ha subito un altro duro colpo.

Il senatore repubblicano Judd Gregg, candidato all’incarico di Segretario al Commercio, si è chiamato fuori ieri adducendo «conflitti insanabili» con il presidente, oltretutto su un tema fondamentale come il pacchetto di stimolo per il rilancio dell’economia nazionale. Sarebbe stato il terzo repubblicano nell’esecutivo di Obama. Ma Gregg è soprattutto il quarto politico a ritirarsi dalla squadra di governo che Obama sta tentando di allestire. E, particolare non marginale, il secondo a rinunciare alla scottante poltrona del Commercio: prima del senatore del New Hampshire aveva fatto un passo indietro il governatore democratico del New Mexico Bill Richardson, il cui nome era rimasto coinvolto in una vicenda di presunti appalti truccati. La data del 3 febbraio era stata però la più deludente per Obama: quel giorno uscirono di scena contemporaneamente il ministro designato della Sanità Tom Daschle (tasse non pagate per 140mila dollari) e la candidata al riordino del bilancio federale Nancy Killefer, che dopo aver riconosciuto di aver commesso irregolarità fiscali per meno di mille dollari sostenne che quella piccola macchia sul suo nome «avrebbe potuto costituire una distrazione» nel suo futuro lavoro.

A questi imbarazzanti ritiri bisogna aggiungere il faticoso percorso di conferma da parte del Senato per il Segretario al Tesoro Timothy Geithner, lui pure in ritardo nel pagare alcune migliaia di dollari di imposte e salvatosi solo dopo aver fatto pubblica ammenda «per l’imperdonabile errore».

Il ritiro di Judd Gregg rappresenta per Obama una sgraditissima sorpresa e un danno politico rilevante. Gli stessi toni usati dal portavoce della Casa Bianca nel prenderne atto lo confermano. «Era stato il senatore a offrirsi al presidente Obama per l’incarico - ha detto il portavoce Robert Gibbs -. Gregg aveva detto esplicitamente che nonostante i diversi punti di vista per le politiche passate, avrebbe sostenuto, abbracciato e si sarebbe adoperato per l’agenda del presidente.

Una volta che è diventato chiaro, dopo la sua nomina, che il senatore Gregg non avrebbe più sostenuto alcune priorità chiave del presidente, è diventato obbligatorio per il senatore Gregg e per l’amministrazione Obama dividere le proprie strade. Ci dispiace che lui abbia avuto questo cambio di posizione». Il presidente ha scelto invece parole più diplomatiche, definendo la scelta di Gregg «un po’ una sorpresa: sembrava entusiasta».

Un passo indietro che non ha peraltro a che fare unicamente con divergenze sul piano di stimolo all’economia. Dietro la scelta di Gregg, che come si è detto è un repubblicano, sembrano esserci questioni più squisitamente politiche. In particolare si parla della gestione del censimento della popolazione in calendario per il 2010.
Diversi repubblicani in Congresso avevano lamentato che l’amministrazione Obama stesse decidendo di tener fuori il ministero del Commercio dal conteggio, che servirà tra l’altro a ridisegnare i distretti elettorali per il Congresso stesso.

Una sostanziosa faccenda di potere viene così a dividere le due grandi fazioni politiche americane nel momento in cui il presidente cerca di mostrare un volto «bipartisan» in una fase di acuta difficoltà per gli Stati Uniti. Non a caso i colleghi repubblicani del Senato hanno accolto il ritorno tra i ranghi del partito di Gregg con particolare calore.

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