"Va fatta una rivoluzione: il quoziente familiare"

Formigoni: "Si paghino le tasse in base alle persone a carico. Con questa manovra piangono tutti"

"Va fatta una rivoluzione: il quoziente familiare"

Milano - Roberto Formigoni è preoccupato dalla politica economica del governo. «Sarà sempre più chiaro che con questa Finanziaria non piangono solo i ricchi, piangono tutti» dice il presidente della Regione Lombardia, commentando dal suo ufficio in cima al Pirellone l’impatto negativo che le addizionali Irpef comunali e regionali avranno sulle famiglie, ancora più grave per quelle numerose. La giornata è impegnativa anche sull’altro fronte caldo dei rapporti con Roma, i conti della sanità. Formigoni, durante un convegno organizzato da Assolombarda, si è trovato faccia a faccia con il ministro della Sanità, Livia Turco, e l’ha accusata di penalizzare le Regioni virtuose come la Lombardia: «È inaccettabile che saltino fuori 3 miliardi di euro come contributo solo per le Regioni in deficit, dove per altro non si paga il ticket. Invece la Lombardia, che ha i conti in regola anche perché i cittadini hanno partecipato alla spesa sanitaria con i ticket, viene penalizzata. Ripeto: è inaccettabile». Ma il problema, Formigoni ne è convinto, non riguarda solo i cittadini lombardi.


Le ultime analisi aggiungono elementi di preoccupazione per le famiglie numerose, quelle che sono più in difficoltà a far quadrare i conti. Come si può uscire da questa situazione?
«Il sistema delle addizionali penalizza la famiglia, ancora di più se si tratta di una famiglia numerosa. Per questo ritengo di grande attualità la mia proposta di inserire il quoziente familiare, ovvero di far pagare le imposte su un reddito in base al numero di persone che vive grazie a quel reddito. Le tasse non andrebbero calcolate su quanto guadagno ma su quante persone mantengo. Si può discutere sul tipo di coefficienti da applicare, ma una persona che mantiene i figli e magari il nonno e la nonna è in una situazione ben diversa da un single».


Non si rischia di tornare alla tassa sul celibato, magari chiamandola tassa sui single?
«Non si tratta di mettere una tassa sui single, facendoli pagare di più, ma di far pagare meno chi si occupa del sostentamento di un nucleo numeroso. È l’unico sistema equo. Sarebbe una rivoluzione fortissima a livello nazionale. L’alternativa è continuare a lamentarsi perché le famiglie sono penalizzate e la natalità è bassissima. Credo che sia ora di dire basta alle chiacchiere».


Lei ha criticato più volte la Finanziaria. È convinto anche lei che penalizzi i redditi più bassi?
«Ho criticato la Finanziaria perché penalizza i cittadini e le imprese e il moltiplicarsi di leggi e leggine non fa che aggravare la situazione. A conti fatti si vedrà che la diminuzione fiscale per i meno abbienti vantata dal governo andrà a vantaggio di pochi. Con questa Finanziaria non piangono solo i ricchi, piangono tutti. Inoltre, con le tasse imposte a Comuni e Regioni hanno ridotto le possibilità di investimento in settori importanti come la sanità».


Pensa che il ticket e in generale la politica sulla sanità penalizzino i cittadini?
«Lo Stato e le Regioni avevano stabilito insieme che il Fondo sanitario ammontasse a 100 miliardi di euro. Poi il governo ha fatto marcia indietro e ci ha detto: “Vi do solo 97 miliardi, il resto finanziatelo con il ticket di 10 euro”. Oggi è emerso che il ticket è inaccettabile e quindi fanno finta di eliminarlo. In realtà tolgono il ticket da dieci euro ma ci impongono di trovare altri ticket per coprire quella cifra che manca. In sostanza ci dicono: arrangiatevi voi».

La Regione Lombardia sta lavorando per rimodulare il ticket di dieci euro imposto dal governo. Come pensate di rimediare a questa nuova tassa?
«Invece di concentrare il ticket lo spalmeremo. Dieci euro tutti insieme sono una misura irrazionale, noi cercheremo di rendere il meccanismo più razionale. Ma deve essere chiaro che il governo non ha tolto nulla, anzi ci impone di mettere nuovi ticket».

Lei ha criticato i Dico perché mettono a repentaglio la famiglia. Pensa che sia in atto una voluta strategia di indebolimento dell’istituzione familiare?
«Certamente, e i Dico sono un attacco alla famiglia sul versante dell’impostazione culturale.

Il matrimonio è una cosa seria che tutela entrambi i coniugi e la prole. Con i Dico si crea un similmatrimonio che mina le fondamenta del vero contratto. La famiglia è un’opera d’arte, se mettiamo in giro troppe copie false ne abbassiamo il valore».

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