Va "In Onda" l'emozione del disastro

Per quanto possa essere incisivo e «spietato» un programma di attualità, nessuno si sarebbe augurato di restare incollato alla tv per seguire, proprio il giorno di Ferragosto, la festa dell'Assunta, la puntata più dolorosa di In Onda, dalla durata straordinaria di oltre due ore e mezza, incentrata sulla tragedia di Genova

Va "In Onda" l'emozione del disastro

Per quanto possa essere incisivo e «spietato» un programma di attualità, nessuno si sarebbe augurato di restare incollato alla tv per seguire, proprio il giorno di Ferragosto, la festa dell'Assunta, la puntata più dolorosa di In Onda, dalla durata straordinaria di oltre due ore e mezza, incentrata sulla tragedia di Genova. E dell'Italia intera.

In un'occasione normale ci saremmo soffermati sulla presenza scenica dei conduttori David Parenzo e Luca Telese della striscia su La7; avremmo provato a riflettere se questo formato riesce a dire qualcosa di nuovo sul giornalismo d'inchiesta, o se invece i ruoli siano più o meno sempre gli stessi perché incontrano il gradimento di un tipo di pubblico che desidera essere informato soprattutto e ancora attraverso la televisione. Ci saremmo divertiti a prendere le parti di uno o dell'altro ospite, ciascuno assecondando le personali simpatie: meglio l'abbronzatura aggressiva del ministro Salvini o il pallore austero di Molinari, direttore della Stampa? Questa volta non è proprio il caso, restiamo in silenzio, per rispetto, invece di scivolare nella sconfinata e naturale partigianeria che ci contraddistingue.

Qualcuno ha detto che le immagini del ponte Morandi, opera architettonica inaugurata poco più di cinquant'anni fa e, va detto, fino al crollo anche di una certa maestosa bellezza, hanno ricordato quelle terribili dell'11 settembre. Là fu un attentato terroristico, qui un cedimento strutturale, non una lieve differenza. L'altra, ancor più sostanziale: nel 2001 non esistevano né gli smartphone né i social network e dunque l'informazione video era unicamente diffusa dal mezzo televisivo. D'accordo, c'erano in giro diversi amatori con le loro cineprese, ma il punto di vista ufficiale era sostanzialmente uno solo, mentre oggi si è moltiplicato provocando una vera e propria rivoluzione «estetica» nella spettacolarizzazione del disastro che, purtroppo, resta il genere di evento che ottiene la maggiore audience. Decine, centinaia di smartphone, pochi minuti dopo i droni, hanno ripreso in ogni dettaglio immagini terribili talmente realistiche da risultare più vere del vero. Quando gli aerei si schiantarono contro le Torri Gemelle non eravamo ancora abituati a questa esasperata presa diretta e per alcuni secondi in molti credemmo trattarsi di un film di fantascienza. Ora no, ora sappiamo che l'occhio di uno smartphone può riprendere con assoluta fedeltà i secondi di una catastrofe e nessuno, purtroppo, cade nell'inganno della finzione. Fu così, non molto tempo fa, per il terremoto di Amatrice.

Tale rivoluzione epocale dell'immagine ha l'indubbio merito, nelle peggiori disgrazie, di accelerare una catena di solidarietà umana, motivando una popolazione ad aiutare chi ha bisogno con la massima celerità.

Poi, certo, su internet trovi di tutto, banalità, sciocchezze, strumentalizzazioni, però chi lavora nella comunicazione fa il suo dovere e quelle presenze, a tratti ingombranti, a tratti ciniche, di social e tv possono acquistare aspetti positivi, sia da un punto giornalistico sia da quello dell'autentica bontà umana.

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