Va in scena l’attacco al capitalismo di Bond

Si può considerare Edward Bond, prolifico autore inglese, una sorta di anti Pinter. Dato che, a differenza del collega partito dal Teatro dell’Assurdo per approdare a un teatro politico anarcoide, Mr. Bond, reduce da copioni in cui la satira si sposava a una viscerale rilettura della storia patria, è approdato a una terra di nessuno in cui si afferma l’assoluta degenerazione della specie. Come accade in questa Compagnia degli uomini - in scena al Piccolo di Milano con Gianrico Tedeschi e la regia di Luca Ronconi fino al 26 febbraio -, copione scritto più di vent’anni fa in cui lo storico capitalismo d’assalto incarnato dall’industriale-mercante d’armi Oldfield viene abbattuto dal figlio adottivo. Un giovane potenzialmente geniale, non a caso di nome Leonard, che nell’ansia di scavalcare l’ancien régime incarnato dal Padre finisce vittima di un losco intrigo. Organizzato dal neocapitalismo d’assalto di uno spregiudicato fautore della guerra totale che, con la complicità del sodale del vecchio Oldfield, finisce per condurre Leonard al suicidio.
Naturalmente, come succede nelle migliori commedie inglesi, l’ambiguità tagliente della battuta bifronte diventa il tessuto connettivo di questo testo implacabile che, come in un Enrico V riveduto e scorretto, non contempla dopo l’abiezione il riscatto del figliol prodigo ma la sua immolazione.
Ronconi dà del testo una lettura esemplare insistendo, a tratti con accanimento eccessivo, su ogni intima valenza della parola.

Confortato da un cast eccellente dove accanto a un Riccardo Bini fin troppo esagitato nelle torsioni vocali tipiche dell’antico manierismo del regista, a un inedito Giovanni Crippa in chiave lirica e al robusto mestiere di un ambiguo Carlo Valli, si segnalano Marco Foschi e Paolo Pierobon. E soprattutto un eccezionale Gianrico Tedeschi che, in stato di grazia, ha persino il coraggio di mimare con lucidità impressionante in un memorabile assolo il proprio solitario congedo dal mondo.

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