Si può considerare Edward Bond, prolifico autore inglese, una sorta di anti Pinter. Dato che, a differenza del collega partito dal Teatro dellAssurdo per approdare a un teatro politico anarcoide, Mr. Bond, reduce da copioni in cui la satira si sposava a una viscerale rilettura della storia patria, è approdato a una terra di nessuno in cui si afferma lassoluta degenerazione della specie. Come accade in questa Compagnia degli uomini - in scena al Piccolo di Milano con Gianrico Tedeschi e la regia di Luca Ronconi fino al 26 febbraio -, copione scritto più di ventanni fa in cui lo storico capitalismo dassalto incarnato dallindustriale-mercante darmi Oldfield viene abbattuto dal figlio adottivo. Un giovane potenzialmente geniale, non a caso di nome Leonard, che nellansia di scavalcare lancien régime incarnato dal Padre finisce vittima di un losco intrigo. Organizzato dal neocapitalismo dassalto di uno spregiudicato fautore della guerra totale che, con la complicità del sodale del vecchio Oldfield, finisce per condurre Leonard al suicidio.
Naturalmente, come succede nelle migliori commedie inglesi, lambiguità tagliente della battuta bifronte diventa il tessuto connettivo di questo testo implacabile che, come in un Enrico V riveduto e scorretto, non contempla dopo labiezione il riscatto del figliol prodigo ma la sua immolazione.
Ronconi dà del testo una lettura esemplare insistendo, a tratti con accanimento eccessivo, su ogni intima valenza della parola.
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