"Vacanza" democratica: la sinistra non sa più cosa dire

A forza di inseguire la D'Addario hanno perso l'elasticità per elaborare uno straccio di programma. Tacciono Bindi, Franceschini e "gnagnera" Marino. Ma pure D'Alema e Veltroni con la sua Africa

Per qualcuno sarà stata una liberazione, per altri un dispetto. Parliamo della vacanza - intesa sia come periodo di riposo sia come inazione, assenza - democratica. Caratterizzata, appunto, dal silenzio (democratico) su tutti i fronti, anche quelli più caldi. La ancorché temporanea indisponibilità di un Franceschini o di una Bindi, di un D'Alema o di un Veltroni, d'una Serracchiani o di quella gnagnera d'un Marino può aver fatto tirare - e probabilmente ai più - un sospiro di sollievo.

Come accade quando nei torridi pomeriggi estivi le cicale cessano bruscamente il loro assordante frinire. In altri, e noi fra questi, il mutismo democratico è stato invece accolto con disappunto perché ci priva di frequenti, immancabili occasioni di ilarità. Quando, come si sa, il riso fa buon sangue.

Molte sono le interpretazioni di questa sorprendente e collettiva congiura del silenzio. Negli ambienti solitamente ben informati, la più accreditata è anche la più sbrigativa: i «sinceri democratici» tacciono perché trovano difficoltà a dire qualcosa. Pertanto, approfittando delle ferie hanno pensato bene di mettere in ferie anche il pensiero. D'altronde non poteva che finire così: ponendo al centro e alla periferia dell'azione politica l'antiberlusconismo e affinando il tiro fino a circoscriverlo a quella bischerata del canone D'Addario, si finisce per perdere l'elasticità mentale necessaria a elaborare strategie e programmi; a fare un’efficace opposizione; a porsi, nel villaggio della politica, come protagonisti.

E sì che di acqua ne sta passando sotto il mulino: settembre è alle porte e con la rinfrescata il volano della politica, già lanciato non ostante il solleone, prenderà a girare ancor più vorticosamente. E sì che escort o non escort il Cavaliere seguita a mettere fieno in cascina, assicurandosi il necessario o addirittura il surplus per trionfalmente concludere - a data stabilita - la legislatura. Altro che «scosse».

Di fronte a questo smarrimento, reso ancor più frastornato dalle uscite gladiatorie e monomaniacali di Di Pietro, c'è chi giura che siano in corso i preparativi per la messa da morto della sinistra, incapace, sia sul versante dalemiano, sia su quello bertinottiano, per intenderci, di ridarsi un'anima. O, se non un'anima, almeno uno straccio di «trend». Incapace di tener vivo il dibattito e dunque rifugiandosi nel mutismo degli ignavi. Che abbiano fatto questa scelta Franceschini o Marino o anche Bersani - eppure ai blocchi di partenza per la poltrona di segretario del Pd - tutto sommato non stupisce più di tanto. Il sacco dà la farina che ha e la farina di quel terzetto sembra piuttosto semolino. Ma che taccia Massimo D'Alema, accreditato come l'uomo più intelligente della sinistra, che taccia Walter Veltroni che alle strette sapeva, in tempi migliori, tirar almeno fuori l'Africa o la «bella politica», questo sorprende.

Non vorremmo che la «vacanza democratica» prendesse, fra i democratici, piede.

Già hanno privato gl'italiani del profumo delle salamelle e dei trionfalismi da Circo Barnum dei Festival dell'Unità, ci mancherebbe trascorrere in futuro le estati senza gli sketch, senza le sussiegose prese di posizione, senza le lezioncine - impartite da austere, monacali località di turismo e soggiorno - di una Giovanna «diciamo» Melandri o di un Fabio Mussi. Che vacanze sarebbero, senza quegli spassi?

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