Politica

Un vagone ancora bloccato tra le macerie

Ordigni di 5 chili nascosti negli zainetti: lasciati sul pavimento, sono stati fatti deflagrare coi timer

Guido Mattioni

Il giorno dopo, Scotland Yard deve ammettere che le contabilità della morte sono due: una provvisoria e una definitiva. La prima, inconfutabile perché censita dall’oggettività dei bollettini ospedalieri, porta a 49 il numero dei morti nei quattro attentati di giovedì mattina. Mentre la seconda, invisibile e per questo più inquietante, rimane nascosta diversi metri sotto terra, nella galleria della Piccadilly Line, tra le lamiere annerite del convoglio che stava percorrendo il tragitto tra le stazioni di King’s Cross e Russell Square.
«Il treno contiene un certo numero di cadaveri che non sono stati ancora recuperati e non sappiamo quanti ce ne sono», ha ammesso ieri in conferenza stampa Ian Blair, numero uno di Scotland Yard, parlando anche di soccorsi «difficili» a causa delle «condizioni fisiche del luogo, che è anche pericoloso»: la galleria rischia di crollare. Mentre il suo vice, Andy Hayman, rispondendo a una domanda circa i tempi previsti per portare a termine il recupero di tutte le salme, ha invitato a «immaginare la complessità di penetrare in quel vagone» e gli effetti di «una esplosione in profondità dentro a un tunnel, che ha coinvolto vari vagoni».
I conti, insomma, ancora non tornano. E quando lo faranno, purtroppo, sarà per eccesso. Intanto, ieri, ad allungare l’elenco delle vittime è stato il definitivo conteggio dei corpi (o di quel che ne resta) dilaniati alle 10.47 di giovedì a Woburn Place dalla quarta esplosione in ordine di tempo. L’unica avvenuta in superficie, sull’autobus a due piani della linea 30. Tra i rottami e sull’asfalto, calcellati in una frazione di secondo, hanno perso la vita 13 persone. E forse è proprio lì, tra quelle sinistre “virgole” di lamiera rossa protese verso l’alto e su quei sedili di plastica azzurra rimasti alla luce del sole, che potrebbe esserci qualche indizio importante per arrivare a una verità parziale, se non totale su quanto accaduto.
Il fatto che l’autobus sia stato scoperchiato dallo scoppio potrebbe significare infatti alcune cose: 1) che l’attentatore non intendeva far saltare proprio quel mezzo, nel qual caso avrebbe lasciato il suo carico esplosivo a tempo al piano inferiore, in modo da provocare più danni e più vittime; 2) che quindi si stava forse recando verso una stazione di metrò, viaggiando come un turista al piano superiore; 3) che così gli attentati al “Tube” sarebbero infine risultati quattro, con una più sinistra, ancorché più “logica”, consecutio seriale e criminale; 4) che l’attentatore è rimasto vittima del suo stesso progetto criminoso, presumibilmente per un errore (passeggeri dello stesso bus, sopravvissuti allo scoppio, hanno parlato di un giovane «molto nervoso, che continuava a frugare in una borsa»); 5) e infine che molto presumibilmente il progetto degli attentatori non prevedeva il ricorso a kamikaze.
Quest’ultima possibilità, ieri, non è stata né smentita né confermata dalla polizia. «Al momento non c’è nulla che suggerisca» l’utilizzo di terroristi-suicidi, ha detto il capo di Scotland Yard, aggiungendo però che «nulla ancora può essere escluso». Ian Blair si è però sbilanciato nel dichiarare che l’attacco a Londra «ha tutte le caratteristiche» di una operazione di Al Qaida. È invece quasi certo che gli ordigni presumibilmente nascosti in zainetti, consistessero in circa cinque chilogrammi di esplosivo ciascuno (a Madrid erano di dieci chili). E che siano stati lasciati dai terroristi, prima di uscire, «sul pavimento delle vetture» dopo l’attivazione dei dispositivi a tempo.
Hayman ha anche reso noto che sul convoglio diretto ad Aldgate East l’ordigno era «nel terzo vagone» «approssimativamente a 100 metri all’interno del tunnel»; che su quello in corsa tra King’s Cross e Russell Square lo scoppio è avvenuto «nel primo vagone, nella zona delle persone in piedi»; e che infine la bomba deflagrata a Edgware Road era stata nascosta «nella seconda carrozza», anch’essa «nella zona di sosta in piedi».
Ma Scotland Yard, ieri, ha detto anche ciò che gli inglesi non avrebbero mai voluto sentirsi dire: e cioè che «è probabile che ci sia una cellula» terroristica ancora attiva, in giro nel Paese. Quindi, «è un affare nazionale, non solo di Londra». Ancora più diretto, in un’intervista tv, è stato il ministro degli Interni, Charles Clarke, secondo il quale la Gran Bretagna deve avere la massima considerazione della possibilità di un altro attacco».

Più chiaro di così.

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