Il tempo non è servito. Le bandiere bianche con il treno crociato sventolano di nuovo sulle montagne della Valsusa. Il pacchetto di mischia è variegato: centri sociali, anarchici, montanari, pezzi del Pd, pensionati, quelli che con un’espressione retorica sono stati ribattezzati il popolo No Tav. Certo, è curioso che la gente si aggreghi contro qualcosa, ma da queste parti va così e gli scontri di Venaus del dicembre 2005 sono un monito. Oggi si ricomincia e l’impressione è che sarà quasi impossibile trovare una forma di mediazione e fermare una volta per tutte la protesta che vuole uccidere nella culla l’alta velocità.
Anni di chiacchiere, assemblee infinite, modifiche su modifiche ai progetti, ora il tempo delle dispute deve finire. Ora devono parlare le trivelle: questa mattina partono i sondaggi, perché l’attesa sta bruciando le chance dell’Italia. La Torino-Lione, un’opera necessaria al Paese, non può attendere all’infinito. Entro il 31 gennaio l’Italia dovrà comunicare le linee-guida del progetto alle due società Ltf (Lyon Turin Ferroviarie) e Rfi (Rete ferroviaria italiana). Se così non fosse, la Ue, che ci aveva già concesso una proroga, si riprenderà i soldi stanziati; non solo: Roma pagherà multe per centinaia di milioni di euro all’Europa e alla Francia che a sua volta si è stufata di aspettarci.
Dunque, questa mattina dovrebbe finalmente decollare il piano che prevede 91 sondaggi, 91 buchi nel terreno per studiare il percorso migliore. La Tav ha fretta, i no Tav no. Si montano i presidi, si organizza la resistenza, si portano bandiere e fornelletti nei paesi della valle. Tira aria di scontro, con i leader della rivolta che proclamano: «Qui non pianterete neppure un chiodo». I contestatori hanno affinato i metodi. Autonomi e anarchici questa volta non saranno in prima fila, per mettere in difficoltà gli agenti della Digos, già sguinzagliati in queste ore su per la valle. I politicizzati lasceranno la pole a scudi umani, formati da bambini, mamme, anziani. Sarà più difficile per gli agenti contenere la protesta di signore col cagnolino in braccio, vecchi col bicchiere di vin brulè a riscaldare le mani, bambini pronti a gridare lo slogan: «No Tav, no sondaggi». Ma in qualche modo si dovrà partire.
Venerdì il Comitato per la sicurezza e l’ordine ha definito le misure per permettere ai tecnici di lavorare in tranquillità. In pratica, i siti dovranno essere sorvegliati, come in una zona di guerra, per tutto il tempo necessario a completare i carotaggi. Alternative non se ne vedono. I manifestanti sono sicuri di sé: «Siamo assolutamente certi che bloccheremo tutto». Nessuna paura, anzi la convinzione di riuscire a fermare il treno dell’alta velocità. Ma anche il governo non sembra intenzionato a scendere a patti con i rivoltosi. «Si andrà avanti - afferma chiaro e tondo, come è nel suo stile, Renato Brunetta ai microfoni di Rtl - questa è la volontà dell’Esecutivo. Lo Stato c’è, contrariamente a quello che dice Casini, e l’alta velocità in Val di Susa si farà. Si farà nei tempi previsti».
Insomma, il tempo delle obiezioni e degli eventuali ripensamenti è finito. «È una partita troppo grossa - aggiunge Brunetta - per lasciarla in balia di gruppi massimalisti, senza alcuna motivazione ambientale». Così si scavano le trincee di questa guerra al progresso: si alzano le baracche, proprio nei punti prescelti per i carotaggi, si trasportano in quota le cucine, si preparano cartelli e striscioni. L’area dei sondaggi e quindi della possibile protesta si è estesa: da Susa scende fino alla periferia di Torino. Tutta la zona è in ebollizione e alcune centinaia di persone sono pronte alla mobilitazione via Sms. Che cosa accadrà nelle prossime ore? L’altra volta il presidio che doveva impedire alla Ltf di prendere possesso dei terreni fu spazzato via da un blitz notturno delle forze dell’ordine: carabinieri e polizia entrarono in azione alle 3.30 del mattino del 6 dicembre 2005. Qualche settimana dopo, per svelenire il clima, il Governo varò l’Osservatorio, il cui compito era avvolgente: andare avanti con i lavori coinvolgendo nella realizzazione della ferrovia gli enti locali. Ma gli irriducibili non hanno accettato alcun compromesso e ora sono pronti alla battaglia finale.
L’idea degli scudi umani, in stile Medio Oriente, sembra dare ottimismo al vento della protesta e poi c’è l’incognita elezioni. A marzo si vota anche in Piemonte: il Governatore uscente Mercedes Bresso se la vedrà con il leghista Roberto Cota. Facile immaginare che il tema della Tav condizionerà pesantemente l’agenda della politica nelle prossime settimane.
Ci saranno appelli, scontri dentro la sinistra e fra gli amministratori locali, si farà strada il partito dell’astensionismo.I due eserciti si fronteggiano, le trivelle stanno per entrare in azione, gli scudi umani sono in allerta. E una piccola valle rischia di fare da tappo allo sviluppo del Paese.
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