da Roma
Fingi di prendere appunti sul taccuino, non bere troppo prosecco che ti scappa da ridere, fatti vedere dal ministro, mettiti qua, sì, più vicina alle tartine, ferma. Ciak.
«Buona sera ministro, ben arrivata!». Mara Carfagna con camicetta a righe e pantalone nero avanza verso un bel tavolino imbandito di noccioline, patate fritte, e cocktail. Accetta un bicchierino di aranciata. Saluta. Buonasera ministro, si risponde in coro.
La location è un po strana, un capannone in una zona relativamente centrale di Roma, ma la serata ha scopi nobili: cè la presentazione di una macchinetta per handicappati che procede a comando vocale. Dici: dritta. E quella va dritta. Ferma. E si ferma. Un miracolo. In più è progettata da una donna, un ingegnere femmina che incompresa in Italia è dovuta fuggire con il suo cervello addirittura in India per trovare opportunità. Ed è per questo che il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, è stata invitata a questa splendida serata.
Il ruolo di complice prevede una nonchalance che sfiora la malignità. Bisogna sorridere al ministro anche se il sorriso è quello di una iena che già sa che è tutta una burla, che una serata di angoscia lattende, che Mara Carfagna - nessuno qui glielo dirà mai prima che tutto finisca -, ma lei è su Scherzi a parte!
Però lingegnere donna, look da secchiona, è davvero lemblema delle opportunità mancate. «Le cose stanno cambiando - risponde Carfagna -. È una promessa, si può fidare». Cè tutto lo staff di donne al completo del ministero, con il capo di Gabinetto Simonetta Matone, ex presidente del Tribunale dei minori, e le collaboratrici più strette (complici). La Matone non sa nulla e si vede dalla serietà istituzionale con cui scruta la macchinetta.
Poi la bomba: «Maraaaaa!». Irrompe una ragazza mora e superscosciata, con una gonnellina che appena le copre i fianchi su un bustino rosso da lap dance. Il regista Franco Bianca prima di iniziare aveva spiegato ai complici: «Assomiglia un po alla Carfagna vecchia maniera... ». Spietati. La mora salta al collo della Carfagna, sbatacchia le ciglia, la bacia: «Ma non ti ricordi, Mara, abbiamo fatto miss Italia insieme nel 97. Sono di Salerno come teeee!». La Carfagna deglutisce come se avesse una noce in bocca, cerca le sue collaboratrici con lo sguardo, e poi i (finti) giornalisti. Sembra che non stia respirando più.
«Questa ragazza è la testimonial della macchina», le viene annunciato. «Ah, la testimonial», risponde il ministro, e il sorriso gentile si spegne definitivamente come una candela al vento. «Di Salerno!», grida ancora la bomba sexy. Carfagna cerca di mantenere il controllo, si augura che lauto diventi un «protototipo per gli handicappati». Ma la testimonial le si appiccica alla spalla come un orsetto, finché il ministro le chiede sconcertata: «Vuole parlare lei?».
Ora la macchinetta deve imparare a riconoscere i toni del bel ministro. Ma non basta dire «ciao». Il collaudatore invita: «Provi con una filastrocca». Attraverso il finestrino si sente la voce della Carfagna che sillaba: «Ambarabacciccicocò tre civette sul comooò... ». Il suo viso è una maschera di vergogna, poi il peggio: dimprovviso le sale accanto la testimonial euforica. «Ma non è meglio che salga qualcuno che la sappia guidare», ripete cortese, poi più istintiva: «Non è meglio?».
Da quel punto in poi la macchinetta impazzisce. Carfagna dice «ferma» e lautomobilina va avanti, «gira», e va dritta. Le due donne, la Carfagna e la testimonial seminuda, abbattono così nellordine un cartellone pubblicitario e un ragazzo. Si sente la Carfagna urlare, sempre più forte: «Fermaa!», poi grida indistinte di terrore, finché il giudice Matone si scaraventa sullautomobile come in un film dinseguimento, prova ad aprire la portiera con una forza disumana e ordina: «Ministro, scenda!», ma poi viene ricacciata indietro da braccia di uomini. Dal finestrino si vede e si sente la Carfagna gridare ancora Aaaaahhhh e poi... luci, applausi, è Scherzi a parte!
I complici non posso rivelare le reazioni del ministro, sorprendenti: suspense.
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