da Cremona
Una nuvola di fumo che esce dalla toilette, l'allarme che interrompe le lezioni nel cuore della mattinata, gli studenti che si precipitano fuori dall'edificio. Nel giro di due minuti sono tutti giù in cortile, alunni e personale: 450 persone evacuate. Almeno un'ora di interruzione dell'attività scolastica. Per un atto di bullismo. Perché di questo si tratta, non ci sono dubbi.
Cronaca di una giornata di scuola partita con il piede sbagliato. Con un incendio appiccato poco prima delle 11 di ieri nei servizi degli uomini, al piano d'ingresso dell'Einaudi, l'istituto professionale per i servizi commerciali e turistici di Cremona. È uno studente il primo a notare il fumo che invade i corridoi e a rivolgersi a un ausiliario. Non è una delle solite esercitazioni antincendio, nessuna simulazione. Tutto vero: le fiamme che un assistente tecnico cerca immediatamente di domare servendosi dell'estintore, i vigili del fuoco, la polizia e i carabinieri che arrivano pochi minuti dopo. Brucia un dispenser della carta igienica e fortunatamente l'intervento è abbastanza tempestivo da evitare che le fiamme si propaghino. Solo i muri anneriti e il panico generale.
I pompieri fanno partire le indagini, il dolo è certo: nei locali interessati, accanto all'oggetto in plastica che ha preso fuoco, viene rinvenuto del cartone, utilizzato quasi sicuramente per scatenare l'incendio. Il preside Franco Verdi è pronto a sporgere denuncia: «Sono ragionevolmente certo che si sia trattato di un atto vandalico, anche perché questo è l'ultimo di una serie di episodi tra loro affini, il terzo in quindici giorni». Nel mirino finisce sempre la stessa toilette, che rappresenta un po' il punto di ritrovo degli studenti all'intervallo e nei cambi d'ora: «In un'occasione è stato incendiato un cestino, in un'altra hanno manomesso un lavabo facendo fuoriuscire l'acqua».
Ma c'è di più. L'anno scorso, racconta il dirigente scolastico, due studenti del terzo anno hanno rubato e dato fuoco a un registro di classe rimediando una sospensione di quindici giorni: «La massima sanzione disciplinare che poteva colpirli. Quando c'è da punire bisogna punire. Ma non dobbiamo abbozzare letture di ordine sociologico, parlando di disagio giovanile».
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