Massì, una medaglia doro val bene un podi muso. Vero, cosera quel sorriso spento, un po pensieroso, mentre sul podio Vanessa ascoltava linno che la incoronava regina e campionessa, campionessa e regina, incrocio senza confini. «Stavo già pensando allassalto dei giornalisti. Ti seguono solo se fai risultati e troppo spesso dimenticano la ginnastica, che è una disciplina meravigliosa». È il destino delle regine: vezzose e bizzose, affascinanti e mugugnanti. Vanessa Ferrari è una regina pocket, ma soprattutto campionessa grande, a dispetto di quel fisichino che si apre nel cielo come un fuoco artificiale quando comincia a volteggiare tra trave, parallele e corpo libero. Ieri ha regalato allItalia che ha preso ad adottarla e a corteggiarla (vedi tutte le sviolinature dei politici: uomini e donne), il titolo europeo nel concorso generale, tecnicamente all-around, della ginnastica artistica.
Forse esagerato chiamarla baby prodigio, visto che gli anni sono 16 e nella ginnastica tutte le Comaneci, o presunte tali, di questo mondo sono ancora allepoca della bambola, del peluche o poco più. Però i suoi prodigi cominciano ad essere tanti. Tutti noi che guardiamo lo sport magari con due occhi, e la ginnastica solo quando sentiamo profumo di tintinnio metallico, avevamo già conosciuto Vanessa una manciata di mesi fa, quando risvegliò i sentimenti di unItalia anestetizzata dal pallone vincendo il campionato del mondo ad Aarhus. Ora si è ripetuta ad Amsterdam, ancora una volta prima donna, in tutti i sensi, capace di giocarsi la medaglia europea con una gara ad inseguimento cominciata alla trave, che per lei è lattrezzo meno tranquillizzante, per seguire nel corpo libero («Non mi sono piaciuta, ho mancato un avvitamento»), riscattarsi con un salto strepitoso al volteggio, fin al gran finale alle parallele dove Vanessa è stata implacabile ottenendo 15.700 nel punteggio che le ha permesso di scavalcare la romena Sandra Izbasa e portare a casa il titolo con 61.075 punti.
E a quel punto tutti zitti. I giornalisti naturalmente. Lei, superata quella nuvola sul podio, ha ritrovato lallegro saltabeccare tra un argomento tecnico e i sogni da adolescente. Laltra volta, dopo il mondiale, chiese una palestra vicino a casa per allenarsi meglio. Idea in via di realizzo. Ora la mira si è spostata su qualcosa di più personale. «Mi piacerebbe avere una villa con piscina», dice lei quasi si senta già nella parte della diva. Salvo smentire la seconda impressione, non proprio la prima idea. «Vorrei aiutare i miei genitori a trovare casa più vicina al bar di papà». Papà Giovanni per il vero è preso da altra sofferenza. Il tifo per la figlia sta diventando più faticoso di un lavoro. Ieri lo ha raccontato, spossato. «Non ci si fa mai labitudine. Vincere questa gara era anche più importante di quella di Aarhus, era la prova della sua consacrazione. Ora pensiamo alla continuità».
Così dicendo intendeva riferirsi alle prove di oggi dove Vanessa tenterà di conquistare il titolo individuale nel corpo libero e alle parallele. Dice il pronostico che può farcela. Lei, intanto, ha dedicato questa vittoria ai fratellini, Ivan e Michele, e a Paola, amica del cuore che ieri lha inondata di sms.
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