Cultura e Spettacoli

Vanzina: "Papà diceva di essere il vero autore"

In una lettera al Giornale Enrico Vanzina racconta che il padre, il regista Steno, gli rivelò di essere l'autore del libro sulle memorie del cameriere di Mussolini. Una testimonianza preziosa e credibile 

Vanzina: "Papà diceva di essere il vero autore"

Gentile Chiarini, ho letto con grande interesse il suo pezzo su le Memorie del cameriere di Mussolini . Le voglio raccontare una «indiscrezione», non so se fon­data o del tutto bislacca. Mio padre, Stefano Vanzina, in arte Steno, mi rivelò (quando io ero adolescente) che il libro sulle memorie del cameriere di Mussolini lo aveva scrit­to lui. Me lo disse quella volta e poi non ebbi mai l’occasione di tornare con lui sull’argomento.Vero o falso?Non so.Tanto che questa indiscrezione non l’ho raccontata nel mio recen­tissimo libro Una famiglia italiana (Mondadori), nel quale viaggio nel passato di casa Vanzina. Una cosa è certa, però. Steno non millantava mai fandonie. E Steno era grande ami­co di Leo Longanesi. Proprioin quegli anni erano reduci dal­l’avventura comune a Napoli ( nel ’43, Papà, Leo e Mario Sol­dati avevano traversato le linee insieme per raggiungere le truppe americane a Napoli e vissero tutti e tre nello stesso appartamento prima di tornare a Roma nel ’44).Forse,la loro quotidiana frequentazione portò Longanesi a chiedere a Ste­no di fare da ghost writer per il libro in questione. Tutto qui. Ci tenevo a farle sapere questo mio dubbio sulla vera paternità delle Memorie . Con simpatia e grande stima
Enrico Vanzina


La testimonianza di Enrico Vanzina è tanto preziosa quan­to credibile. Non è per nulla inverosimile, infatti, ipotizzare che il padre Steno abbia messo mano (e forse più che una ma­no) alle «Memorie del cameriere di Mussolini». Visti i tempi di assoluta emergenza del dopoguerra, e visti anche gli uomini (Longanesi, Montanelli, Vanzina) legati da un vincolo di ami­cizia e di solidarietà rinsaldato dalle peripezie affrontate in quegli anni tanto perigliosi, non si fa fatica a pensare che tutti e tre si siano buttati a capofitto nella golosa impresa di rivelare il non detto del duce.

Quanto all'auto-attribuzione delle confes­sioni di Navarra da parte di Indro, il principe dei giornalisti italiani non era alieno da contrabbandare bugie. Del resto, non aveva candidamente ammesso che «il verosimile è spesso più vero del vero»?
Roberto Chiarini

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