Varata la strategia dei cerchiobottisti: né di qua né di là

RomaGli uomini di Tonino Di Pietro, che nella loro fervida battaglia in difesa della «legalità» non tollerano concorrenti, li hanno già bollati: «Cerchiobottisti», e pure «irresponsabili» che non hanno «il coraggio delle proprie azioni».
D’altronde Fini e i suoi, davanti all’accelerazione sul caso Caliendo, non hanno molte scelte, se non il «cerchiobottismo»: votare sì alla mozione Pd-Idv che chiede le dimissioni del sottosegretario avrebbe voluto dire farla passare in aula, «offrendo su un piatto d’argento al Cavaliere il pretesto per aprire una crisi addossandocene la responsabilità davanti al Paese», come spiega un finiano. Peraltro col rischio serio di spaccare il gruppo alla sua prima uscita parlamentare, perché una buona fetta dei deputati Fli (Futuro e Libertà per l’Italia) non si sarebbero accodati a Di Pietro e Franceschini. Votare a favore di Caliendo e col governo, d’altro canto, avrebbe avuto l’umiliante sapore di una Canossa.
Ergo, né sì né no, ma astensione: una posizione terza che (grazie all’amico Pier Ferdinando Casini) si può ora impreziosire dandogli la veste politica di «terzo polo» parlamentare. Dicono infatti che sia stato il leader Udc, consapevole delle difficoltà finiane in vista del voto su Caliendo, a cogliere la palla al balzo e offrire una convergenza che, per il presidente della Camera, funziona in questo caso da copertura politica: «Ora Berlusconi - dicono i finiani “soft” - dovrebbe addirittura esserci grato, perché grazie a noi, proprio in questo momento e su un fronte delicato come la giustizia, un pezzo di opposizione prenderà una posizione non ostile».
Già, perché se le cose andranno così, con Udc e Fli che mercoledì si astengono insieme sulla sfiducia a Caliendo, si sancirà non solo la spaccatura - sia pur indolore, per ora - della maggioranza, ma anche quella dell’opposizione. Venerdì scorso Massimo D’Alema, nella riunione del gruppo Pd, aveva lanciato l’allarme sulla mozione di sfiducia: «Evitiamo di mettere subito nei guai Fini reclamando quel voto, se vogliamo averlo come interlocutore», aveva avvertito. Troppo tardi, perché Franceschini aveva già chiesto la calendarizzazione, nel timore che il Pd finisse scavalcato da Di Pietro. Casini, fino a qualche giorno fa, aveva promesso ai democrat di votare sì alla mozione, evitando di lasciarli soli con Tonino. Ora invece fa il terzista con Fini («Devo allargare i confini dell’Udc, se noi centristi restiamo confinati al 6% non andiamo da nessuna parte, e portare Fini dalla nostra parte sarebbe un segnale importante di movimento del quadro politico», ha spiegato il capo Udc ai suoi interlocutori Pd) e molla Bersani. «Ma per noi, in prospettiva, è una buona cosa se si crea un “terzo polo” in Parlamento con cui un domani potremmo fare un governo di transizione o allearci sganciandoci finalmente da Di Pietro», ragiona un dirigente vicino al segretario.
In casa finiana, per il momento, si respinge però ogni illazione terzopolista (avallata ovviamente dall’Udc): «Sono tutte interpretazioni giornalistiche, l’unica cosa chiara è che da parte nostra non c’è alcuna ostilità preconcetta verso il governo, né tanto meno l’intenzione di affossarlo», dice Benedetto Della Vedova. La decisione ufficiale sul voto di mercoledì, in ogni caso, verrà presa in comune con l’Udc nell’incontro che si terrà oggi a ora di pranzo tra i due partiti (assenti Fini e Casini).

In serata, invece, il presidente della Camera riunirà tutti i suoi per una cena alla Fondazione FareFuturo: i trentatre deputati e i dieci senatori, che si sono costituiti ufficialmente in gruppo ieri mattina, e sono guidati per ora da Mario Baldassarri, discuteranno - a tavola - del proprio futuro.

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