Spettacoli

Vasco Rossi va al Massimo: "Negli stadi anche nel 2023"

Arriva nei cinema il film del suo concerto nel Circo romano: "Un po' di rock in questo momento terribile"

Vasco Rossi va al Massimo: "Negli stadi anche nel 2023"

Ovunque lo metti, Vasco non cambia. Anche sul piccolo palco del cinema Moderno di Roma, a pochi passi dalla Stazione Termini, lui sale barcollando, si guarda intorno spaesato e poi inizia a fare show. È entrato, tra le bordate di applausi degli irriducibili, quelli che lo seguono da decenni e che anche qui mandano a memoria i soliti cori, «aleee alè alè alè Vascooo, Vascoooo», a presentare il film tratto dai due concerti con 140mila persone in totale. Si intitola «Vasco Live Roma Circo Massimo XXII» è tale quale il concerto, da XI Comandamento fino ad Albachiara, il tutto girato da 27 telecamere guidate dall'ormai espertissimo Pepsy Romanoff. «Sul palco c'era un'energia pazzesca» conferma lui, mentre il chitarrista Vince Pastano, che è pure direttore dello show, riassume così lo show e, volendo, anche il Vasco di questo periodo: «Più scarno e meno tecnologico possibile».

Si è capito subito com'era il Vasco 2022, fin dalla prima data a Trento il 20 maggio davanti a 120mila spettatori praticamente increduli di poter tornare a sentire una chitarra e una batteria al massimo del volume in un concerto: «L'anno scorso in questo periodo non sapevamo neppure se avremmo potuto suonare a maggio, eravamo piazzati così. Abbiamo sperato e abbiamo avuto fortuna perché a Trento, alla fine di maggio, avrebbe pure potuto esserci la neve». Invece no: tutto è filato liscio. Per il pubblico. Ma non per lui.

«Ci sono state tante di quelle polemiche e ce ne sono ancora - ridacchia - ma dopo due terribili anni di pandemia è stata per tutti una sensazione potentissima». In effetti il suo tour si è rivelato quello più «muscoloso» dell'anno, persino più potente - si dice - dello show dei Maneskin, che peraltro pestano sodo. «Ed è stato anche il più seguito», dice Vasco che scaramanticamente aggiunge: «Ancora una volta, forse l'ultima, mi godo questo primato».

In effetti 701mila spettatori non sono pochi. E, nel periodo in cui si parla sempre più di biglietti venduti e sempre meno di qualità dei concerti, è un primato che non passa inosservato. Però Vasco Rossi è diventato il «Komandante» proprio perché ha il graffio istintivo che lo allontana da quei luoghi che rischiano di diventare comuni. Difatti dice: «Adesso sold out non lo diciamo più, tutti parlano di sold out, tutti fanno sold out. C'è un posto da 100 spettatori e parlano di sold out». Tiè.

Anche se è nascosto dietro ai soliti occhiali da sole e un cappellino lo rende ancora più impenetrabile, Vasco Rossi, 70 anni tondi tondi, è ancora una rockstar vecchio stile che, se parla, dice sempre qualcosa. «È un periodo orribile, noi facciamo della musica per restare almeno un po' in un'altra dimensione». Anche per questo, il suo repertorio si è, anno dopo anno, spogliato di qualsiasi tentennamento barocco, ha asciugato il più possibile l'enfasi tecnologica degli arrangiamenti e ha scarnificato le canzoni. Come dice Vince Pastano, «non è heavy metal, è solo musica scarna». Però dal vivo il risultato è quello, un muro del suono che «spettina» e una inusuale concessione al virtuosismo.

Nell'epoca del tutti fanno tutto grazie al digitale, nei concerti di Vasco ci sono ancora polpastrelli che si appoggiano sulle tastiere, bacchette che picchiano sui tamburi e sensibilità che si incrociano al volo nell'attimo di una canzone. «E allora il prossimo anno faremo la seconda parte del tour, a giugno, in stadi dove non siamo passati al primo giro». Ossia: debutto il 6 e 7 giugno al Dall'Ara di Bologna, poi il 16 e 17 all'Olimpico di Roma, poi 22 e 23 al Barbera di Palermo e infine il 28 e 29 giugno allo stadio Arachi di Salerno «dove ho fatto il militare nei carristi». E stop. Il pubblico applaude.

Vasco torna dietro le quinte e nei prossimi giorni volerà a Los Angeles in attesa che, a giugno, si riaccendano le luci dello show più visto da decenni, quello del Kom.

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