Il Vaticano dice basta: «Milingo è scomunicato»

«Non riconosciamo i quattro ordinati». La Santa Sede ipotizza che il prelato non fosse del tutto in sé

Andrea Tornielli

da Roma

L’arcivescovo Emmanuel Milingo ha seminato «divisione e sconcerto» tra i fedeli, ha provocato «scandalo» e, dopo la cerimonia di domenica scorsa, è da considerarsi scomunicato insieme ai quattro nuovi vescovi sposati da lui consacrati, che la Santa Sede non riconosce in alcun modo.
Com’era prevedibile e previsto, ieri la Sala Stampa vaticana ha reso noto che il settantaseienne prelato esorcista, venendo meno agli impegni presi nel 2001 davanti a Papa Wojtyla, con il suo gesto si è messo fuori dalla Chiesa ed è incorso nella scomunica «latae sententiae» (automatica) prevista dal canone 1382. Ugualmente scomunicati i quattro preti diventati vescovi. Nel comunicato si legge che la Santa Sede ha seguito «con viva apprensione» le attività di Milingo nella nuova associazione di sacerdoti sposati, dopo sua fuga negli States all’inizio dell’estate. «Esponenti di vario livello nella Chiesa hanno cercato di contattare l’arcivescovo - continua la nota vaticana - per dissuaderlo dal proseguire in azioni che provocano scandalo, soprattutto nei riguardi dei fedeli che hanno seguito il suo ministero pastorale a favore dei poveri e dei malati». La Santa Sede ricorda la «comprensione manifestata, anche di recente» dal Papa verso «questo anziano pastore della Chiesa», spiegando di aver «atteso con vigilante pazienza l’evolversi degli eventi, i quali, purtroppo, hanno condotto l’arcivescovo Milingo a una condizione di irregolarità e di progressiva aperta rottura della comunione con la Chiesa, prima con l’attentato matrimonio e poi con l’ordinazione di quattro vescovi domenica 24 settembre a Washington».
«Per questo atto pubblico - continua il comunicato - sia Milingo che i quattro ordinati sono incorsi nella scomunica». Particolarmente significative le parole che seguono: «La Chiesa non riconosce e non intende riconoscere nel futuro tali ordinazioni e tutte le ordinazioni da esse derivate, e ritiene che lo stato canonico dei quattro presunti vescovi sia quello in cui si trovavano prima dell’ordinazione». Che cosa significa? La formula è inusuale e non era stata usata nel caso delle ordinazioni illecite fatte da monsignor Lefebvre nel 1988, né in occasione delle più recenti consacrazioni cinesi avvenute senza il consenso di Roma.
Perché un’ordinazione sia valida, occorre che il celebrante sia pienamente libero e consapevole di ciò che sta compiendo. Evidentemente queste condizioni, secondo la Santa Sede, non sono al momento così acclarate. Questo non significa che nei sacri palazzi si voglia accreditare la teoria del plagio o del «lavaggio del cervello» che qualcuno avrebbe intenzionalmente eseguito sul prelato africano, pur non escludendola del tutto, quanto piuttosto - e lo si capisce dall’aggettivo «anziano» riferito a Milingo - si prende in considerazione la possibilità che l’arcivescovo emerito di Lusaka attraversi un periodo di crisi e non sia nel pieno possesso di tutte le sue facoltà.
Ma la precisazione vaticana rappresenta anche il tentativo di troncare sul nascere la costituzione di una gerarchia parallela, e di scoraggiare quanti avessero intenzione di farsi ordinare preti dai nuovi «presunti» vescovi, sperando poi di rientrare in comunione con Roma. Nel comunicato viene detto che il Vaticano ha «sperato nell’azione fraterna di persone vicine» a Milingo, «per un suo ripensamento e per un suo ritorno», ma «purtroppo gli ultimi sviluppi hanno allontanato tali speranze». Se però «si pentisse» ha chiosato Velasio De Paolis, segretario della Segnatura apostolica, «la Chiesa lo riaccoglierebbe».
Dagli Usa, però, non arriva alcun segnale di pentimento: un portavoce di Milingo ha detto che la scomunica «non significa niente e non vale più della carta su cui è scritta».

«Milingo - ha concluso - è disponibile in futuro a contatti con il Vaticano solo per discutere la possibilità di creare una prelatura personale del Papa, sul modello dell’Opus Dei, per i preti sposati». Iniziativa che non sembra rientrare nei programmi del pontificato di Benedetto XVI.

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