RomaL’osservatore permanente della Santa sede all’Onu ha dichiarato a Ginevra che i sacerdoti pedofili non hanno attenuanti, mentre da Roma il vescovo di Ratisbona ribadisce che i colpevoli di reati di pedofilia non possono continuare a fare i preti.
Non accennano a placarsi le polemiche per lo scandalo pedofilia che sta travolgendo le Chiese d’Irlanda, Germania, Austria e Olanda. È di ieri la notizia della sospensione dalle funzioni sacerdotali di tre religiosi del monastero di Kremsmuenster, in Austria, per abusi sessuali e maltrattamenti avvenuti negli anni Ottanta. Intervenendo alla tredicesima sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra, l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente all’Onu, ha definito, con le parole di Benedetto XVI, «un crimine odioso» gli abusi sessuali sui minori. «L’integrità fisica e psicologica dei minori viene violata con conseguenze distruttive - ha spiegato l’arcivescovo -. Gli studiosi hanno dimostrato che i bambini abusati reagiscono in modi differenti alla violenza sessuale» e tra loro si registrano «maggiori probabilità di gravidanze adolescenziali, vagabondaggio, tossicodipendenza e alcolismo». «Non ci sono scuse» per il comportamento dei preti che abusano di minori, ha aggiunto Tomasi, sottolineando che «la protezione dalle aggressioni sessuali rimane in cima alla lista delle priorità di tutte le istituzioni ecclesiastiche che lottano per porre fine a questo serio problema». L’osservatore della Santa sede ha assicurato «misure concrete» per «la trasparenza e l’assistenza alle vittime e ai loro familiari». Ha detto che «i colpevoli di tali crimini vengono immediatamente sospesi dall’esercizio delle loro funzioni e trattati secondo la normativa civile e il diritto canonico». E ha concluso insistendo sulla prevenzione come «migliore medicina».
Due giorni fa, un’errata traduzione delle parole scritte dal cardinale di Vienna Cristoph Schönborn aveva fatto pensare che l’arcivescovo, allievo di Ratzinger, volesse mettere in discussione il celibato sacerdotale a causa degli abusi. Schönborn ha smentito, documentando come il suo scritto sia stato mal tradotto e quindi male interpretato dalla stampa. Su questo argomento ieri è intervenuto il vescovo di Ratisbona, Gerhard Müller, definendo «una stupidaggine» la teoria di chi vede negli abusi un effetto del celibato. Il vescovo, a margine del convegno sul tema dell’Anno sacerdotale, in corso all’università Lateranense, ha anche ricordato che chi si macchia di questo reato non può continuare a fare il prete e ha criticato la ministra della Giustizia tedesca, che «appartiene all’Unione umanistica, quasi una franco-massoneria» e dunque per questo avrebbe così aspramente attaccato la Chiesa nei giorni scorsi. A proposito delle procedure per processare i preti pedofili, il prefetto della Segnatura apostolica, Raymond Leo Burke, ha detto che questi casi andranno comunque affrontati «nella prassi canonica».
Una posizione identica sul celibato, sempre da Roma, ha espresso anche il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas International e arcivescovo di Tegucigalpa: «Non capisco come possa darsi una relazione fra le due cose, dato che gli abusi sessuali sui minori ci sono in tutte le categorie, anche in quelle non formate da celibi». In effetti, la maggior parte degli abusi di questo tipo avviene in ambito familiare. Il cardinale Maradiaga ha lamentato il fatto che «i casi di abusi sessuali su minori perpetrati da non sacerdoti non siano pubblicizzati», lasciando intendere dunque l’esistenza di un particolare accanimento nei confronti della Chiesa.
Oggi, Benedetto XVI riceverà in udienza privata il presidente dei vescovi tedeschi e affronterà con lui il tema degli scandali in Germania.
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