Ecco come Ratzinger immaginava l'aldilà

Il Papa emerito Benedetto XVI criticava la tendenza a censurare il tema della morte nella società. E ne parlò in diverse omelie funebri

Ecco come Ratzinger immaginava l'aldilà

Il cuore pieno di tristezza, ma anche di gioiosa speranza e di profonda gratitudine. E' lo stesso Joseph Ratzinger a fornire le parole giuste per descrivere i sentimenti con cui il mondo ha appreso la notizia della sua morte avvenuta ieri mattina all'età di 95 anni. Le aveva utilizzate nel 2005 per l'omelia funebre dell'amato Giovanni Paolo II di cui sarebbe diventato il successore undici giorni dopo.

Speranza, non bugie

Il tema della morte non era raro negli interventi del grande teologo tedesco che rimproverava alla società contemporanea la tendenza a voler censurare l'argomento. Non accettava che si parlasse sempre di meno, anche nella Chiesa, della fede nella resurrezione della carne e nella vita eterna. Nel suo Guardare Cristo – Esercizi di fede, speranza e carità del 1989, Ratzinger scriveva: "L'ottimismo ideologico è un tentativo di dimenticare la morte con il continuo discorrere di una storia protesa alla società perfetta. Qui si dimentica di parlare di qualcosa d'autentico e l'uomo viene calmato con una bugia; lo si vede sempre quando la morte stessa si avvicina. Invece la speranza della fede apre un vero futuro oltre la morte".

Tra dubbio e fede

Quello della fede è un cammino, amava ricordare Ratzinger. A questo cammino non è affatto estraneo il dubbio che convive con la fede e che, come scriveva nel celebre Introduzione al cristianesimo, accomuna il credente e l'incredulo diventando terreno di confronto tra i due.

Anche il credente ha bisogno del dubbio per far sì che la fede si manifesti per ciò che davvero è: una "provocazione permanente", la definiva l'allora giovane teologo tedesco. E in questo cammino è coinvolta anche la visione dell'aldilà. È illuminante, a tal proposito, la risposta che l'allora cardinale diede nel 2001 al suo biografo, Peter Seewald, nel libro-intervista Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio: rivendicato l'aldilà come parte della prospettiva di vita cristiana, Ratzinger sosteneva che "la vita umana sarebbe grossolanamente amputata se la si vedesse soltanto nella dimensione di questi 70-80 anni che ci sono dati mediamente da vivere".

Una prospettiva che responsabilizza l'uomo facendo sì che non si viva solo per l'istante. Perché nella resurrezione di Cristo, il credente riscontra la prova della "continuità dell'uomo che va oltre l'identità della sua esistenza corporea".

Ratzinger e i funerali

Nella sua lunga esistenza, Ratzinger si è ritrovato a pronunciare le omelie funebri di personaggi importanti per la storia della Chiesa. Due nomi su tutti: Karol Wojtyla e don Luigi Giussani. È probabile che in questi giorni di agonia nel letto del monastero Mater Ecclesiae, sofferente ma lucido, l'anziano Papa emerito abbia attraversato "la valle oscura della malattia e del dolore" nello stesso modo che lui attribuiva al fondatore di Comunione e Liberazione: con lo sguardo fisso su Gesù. Una costante non solo negli ultimi giorni di sofferenza ma in tutta la vita e l'opera dell'ultimo Papa europeo.

Ratzinger, non a caso, si impose alla conoscenza del grande pubblico negli anni Sessanta con quell'Introduzione al cristianesimo che ebbe il merito di riportare al centro dell'attenzione la questione di Dio e di Cristo. La soluzione offerta dal teologo al rischio di espellere Dio dalla società era proprio quella di rilanciare la cristologia ricordando che essendosi fatto uomo in Gesù, Dio non può essere lontano o assente dal mondo.

Di fronte alla morte, Ratzinger più volte amava ricordare questa comunione con Gesù Cristo. È struggente, ad esempio, quanto scrisse l'allora pontefice regnante in occasione del funerale di Manuela Camagni, una delle Memores Domini che formava la sua famiglia pontificia. Pur distrutto dal dolore per la prematura scomparsa della donna, Ratzinger parlò in quel testo di suo ingresso nella "festa del Signore" e, rimarcando l'apparente contraddizione del canto del L'Alleluia anche nella messa dei defunti, osservò: "Noi sentiamo soprattutto il dolore della perdita, sentiamo soprattutto l’assenza, il passato, ma la liturgia sa che noi siamo nello stesso Corpo di Cristo e viviamo a partire dalla memoria di Dio, che è memoria nostra. In questo intreccio della sua memoria e della nostra memoria siamo insieme, siamo viventi".

L'eternità e la scienza

Nei suoi moniti sugli eccessi del razionalismo colpevole di voler presentare una contrapposizione netta tra fede e ragione, Benedetto XVI si servì anche del tema della morte. Lo fece contestando l'atteggiamento di chi vorrebbe ridurre la realtà esclusivamente ai criteri della scienza sperimentale e che non risparmia la questione della morte da questo processo.

Questa tendenza però - sosteneva il teologo - fa vivere il rischio di cadere in "forme di spiritismo" perché fa immaginare che l'aldilà sia una sorta di copia della realtà terrena. "Solamente chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può an­che vivere una vita a partire dalla speranza", disse Ratzinger in un'omelia per la commemorazione dei defunti del 2011 mettendo in guardia dalla tentazione di ridurre "l'uomo esclusivamente alla sua dimensione orizzontale, a ciò che si può percepire empiricamente" perché ciò fa sì che "la vita perde il suo senso profondo".

Invece, ammoniva Benedetto XVI, "l'uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata" perché "l'uomo è spiegabile solamente se c’è un amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte, in una totalità che trascenda anche lo spazio e il tempo" concludendo, dunque, che "l'uomo è spiegabile solamente se c’è Dio".

Lasciando la vita terrena, Ratzinger ha potuto quindi raggiungere quella che lui stesso chiamava "la sponda della Vita", con la V maiuscola. E c'è da essere convinti che, così come aveva scritto per l'omelia funebre di don Giussani, ora anche per Benedetto si è aperta la porta della casa del Padre.

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