Economia

«La vecchia Europa crescerà poco»

Trichet: «Bisogna prolungare la vita lavorativa». Più vigilanza contro l’inflazione

«La vecchia Europa crescerà poco»

da Roma

La crescita potenziale dell’economia europea rischia di declinare sotto il 2% a partire dal 2010, per arrivare fino all’1,5% nel 2020, a causa dell’invecchiamento della popolazione. L’allarme sulle prospettive del vecchio continente (in questo caso, «continente vecchio», in particolare per quanto riguarda gli undici Paesi che formano l’area dell’euro) è lanciato da Jean-Claude Trichet.
«Se i tassi di fertilità non aumentano - spiega il presidente della Bce in un intervento a Bruxelles - le conseguenze negative potranno essere risolte solo attraverso l’allungamento della vita lavorativa, o da un incremento sostanziale dei flussi migratori». In questo quadro, diventano essenziali le riforme volte a innalzare il tasso di attività, e ad aumentare la produttività. «Le proiezioni per il futuro - aggiunge Trichet - mostrano che gli sviluppi demografici negativi ridurrebbero la crescita media del pil sotto il 2% a partire dal 2010, fino all’1,5% nel 2020, a meno che non vengano varate riforme appropriate». L’incremento della produttività in Europa, secondo il banchiere centrale, è essenziale per aumentare il potenziale di crescita nell’Unione europea, insieme con gli investimenti in ricerca e sviluppo, una migliore istruzione e formazione, e infine attraverso la creazione di mercati competitivi ed efficienti.
Ma anche senza guardare al prossimo decennio, le cose per l’economia europea vanno tutt’altro che bene. Il mese scorso, la Bce ha ridotto le previsioni di crescita sia per quest’anno (dall’1,4 all’1,3%) che per il 2006. Contemporaneamente, si fanno più forti le pressioni inflazionistiche derivanti dall’aumento dei prezzi del petrolio. In settembre il tasso d’inflazione medio nell’eurozona ha raggiunto il 2,5%, mezzo punto percentuale oltre il livello ritenuto accettabile dalla Banca centrale di Francoforte. L’inflazione media 2005 nell’eurozona dovrebbe arrivare a fine anno al 2,2%. Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio direttivo, ad Atene, la Bce ha deciso di non modificare l’orientamento di politica monetaria, lasciando i tassi invariati al 2%. Tuttavia, rivela il componente spagnolo del board Jaime Caruana, la Banca centrale europea ha deciso di «rafforzare la vigilanza sull’inflazione».
Per il momento la Bce non modifica la politica monetaria, e questo atteggiamento proseguirà fino a quando i rincari dei prezzi energetici non avranno ricadute sui salari e sulle politiche di bilancio. Lo spiega Lorenzo Bini Smaghi in un intervento ad una conferenza della Barclays. «Il rialzo dei prezzi petroliferi ed energetici non ha avuto ripercussioni sul resto dell’inflazione - scrive il componente italiano del board Bce - e quindi continuiamo ad utilizzare il termine vigilanza.

Quando i rischi si materializzano - aggiunge - allora finisce la vigilanza, e iniziano gli interventi».

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