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Dal vecchio porcino al modaiolo "shitake": un fungo per ogni piatto

Quest'anno sono in ritardo per colpa della scarsa alternanza di sole-pioggia. Chi fa da sé deve sempre farli controllare. Ecco come cucinarli o dove gustarli

Dal vecchio porcino al  modaiolo "shitake": un fungo per ogni piatto

Norbert Niederkofler grande chef e attento come pochi ai prodotti della natura - ha perfettamente ragione quando parlando di funghi, sostiene che ci vogliono quelli giusti al momento giusto, cucinati nel modo giusto. Può sembrare banalità ma se ne ha conferma nella stagione migliore, che quest'anno è partita tardi visto che è mancata l'alternanza «benedetta» di pioggia e sole, fondamentale per farli spuntare dal terreno e renderli più buoni.

Ma ora ci siamo, con le solite raccomandazioni per chi si ostina a fare di testa propria e non li fa controllare a chi ne capisce (sono centinaia le realtà, gratuite, sul territorio italiano, è da fessi non andare) prima di consumarli a casa.

Senza fare ulteriori prediche, sfatiamo tre luoghi più comuni di quanto si pensi, anche nel 2017. Il primo: la tossicità del fungo non dipende dal colore che cambia, ci sono specie velenosissime che non subiscono mai variazioni e altre commestibili che lo mutano. Il secondo: bollire i funghi o lavarli con acqua e aceto non serve a eliminare i principi velenosi, ma solo a togliere odore o sapore. Il terzo: mai fidarsi degli animali che mangiano senza problemi i funghi forse velenosi, in quanto su di loro la reazione dannosa si manifesta solo dopo uno o due giorni.

Detto questo, il piacere dei funghi resta notevole, perché il bosco di riferimento (o se siete pigri, il negozio specializzato) regala la sensazione di trovarsi in un negozio di giocattoli: nel grafico abbiamo evidenziato dieci tra le specie più diffuse, segnalando il modo migliore (per noi sia chiaro, sul tema ogni appassionato ha le sue fisse) per gustarlo. Poi ci sono quelli «particolari», per ragioni tecniche o geografiche: per esempio, è diventato popolare anche al Nord il cardoncello sino a poco tempo fa era confinato al Sud, in primis alla Puglia dove fungeva da porcino locale. I cuochi passati in Francia non disdegnano di servire le spugnole, con la cacciagione nella visione classica ma anche come chips per essere originali.

Hanno un nome transalpino anche gli champignon, con il caratteristico color crema: molti gourmet li trovano insapori ma la loro delicatezza al tempo stesso li rende un jolly in cucina. Parecchi chef italianissimi non disdegnano i funghi orientali: se il leggendario matsutake che in Giappone costa più del tartufo bianco da noi resta sogno proibito, lo shitake ha varcato i muri dei locali etnici e si trova qua e là nei piatti dei nostri big per la doppia valenza da fresco (sanno molto «di bosco») e essiccato (acidulo, finisce spesso nel ramen). Fungo da fusion, si potrebbe dire, che stimola piatti unicii come l'asado alla sukiyaki tecnica di cottura giapponese servito con shitake e cardoncelli (guardacaso), in carta a Iyo, unico ristorante etnico con una Stella Michelin. Nella cucina quotidiana, il ruolo del fungo non ha perso il peso della tradizione soprattutto in montagna e in campagna che trova l'esaltazione nell'abbinamento con la polenta o nella versione trifolata. Già, il risotto o il contorno alla selvaggina rappresentano l'anima «borghese» del fungo, figuratevi l'utilizzo a crudo magari sulla pizza - che oggi si sta rivelando il tocco in più per la tendenza vegetariana e vegana.

A chiudere una selezione di locali dove se amate i funghi vi sentirete in paradiso per la bontà delle preparazioni classiche, semplici.

E anche se non siete fanatici del prodotto, mangerete bene: Cacciatori a Cartosio (AL), La Brinca a Ne (GE), Ca Mea a Badalucco (IM), Portichetto a Bione (BS), Da Zenà a Savigliano (CN), Gigetto a Miane (TV), Tagliola ad Arcidosso (GR), Osteria Da Mamma Angela a Orivieto (TN), Da Rino a Berceto (PR), Al Solito Posto a La Quercia (VT), Il Turacciolo ad Andria (BA), Antica Filanda a Capri Leone (ME). Buon appetito

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