Vedi Mauritius e non riparti più

Ecco come si diventa chef a Mauritius. Primo: studiare (verità universale). Secondo: viaggiare, conoscere cucine diverse. Terzo: innamorarsi di una mauritiana che vi inchioda alla sua terra. Non ripartirete più. È successo a Bernard Gouérec, chef patron del ristorante Le Chateau, nel Domaine de Belombre, tanto che la sua ex-moglie mauritiana oggi vive all'estero, mentre lui a Mauritius si sente a casa, ormai da ventun anni, e ha persino aperto un secondo locale, Mamma mia, a Port Louis. Stessa storia per Philippe Rozel, chef della Compagnie des Comptoirs all'hotel Heritage, e per il romano Enrico Rodati, un passaggio dalla Rosetta al Pantheon, anni tra Giappone e Cina, ora sposato con una mauritiana e chef dell'hotel Telfair, cinque stelle di lusso nel Domaine de Belombre, dove fino a due anni fa non c'era altro che canna da zucchero, mentre ora ci sono due hotel con due eccellenti ristoranti, un campo da golf con diciotto buche, e stanno per esserci anche svariate centinaia di ville miliardarie, villasvalriche.com (a proposito, il governo concede la residenza e il diritto di pagare le tasse in loco, in ragione del 15%, a chi acquista casa sull'isola).
Non solo: dato il gran costruire residenze di lusso, nei prossimi anni serviranno fior di cuochi per deliziare i capricciosi neoresidenti. Urgono proposte per tavole ben congeniate, locali che possano vivere di luce propria e non solo di quella riflessa dalle cinque stelle di una struttura alberghiera.
Di sola ristorazione, oltre che di un panorama mozzafiato, vive Le Chamarel, aperto solo a pranzo sulle alture sopra Rivière Noire. Si arriva e l'occhio abbraccia tutta la baia. La cucina comprende anche le grigliate accontenta-tutti, ma è assai più consigliabile puntare sul prodotto locale, come i cuori di palma lessi con salsa isolana (controindicazioni: tornati a casa, non si apre più una scatoletta di cuori di palma). Poi, non scomponetevi ma tra le delizie locali brillano il cinghiale e il cervo, cucinati con salsa creola. I mauritiani, più che pescatori, sono cacciatori tanto che la maggior parte dei pesci serviti nei ristoranti è d'allevamento: «Qui la pesca è troppo incostante per poterci fare affidamento», spiega ormai rassegnato Bernard Gouérec: «Gli allevamenti di orate ci forniscono con costanza splendidi animali».
È vero, il suo trancio di ombrina alla senape e vino bianco è riuscitissimo, ma viene un bel po' di invidia per le famiglie dei pescatori (che si avventurano nell'oceano su piroghe improbabili) e per i pochi fortunati che riescono ad accaparrarsi qualcosa al rientro delle barche. Questo spiega anche perché al mercato di Port Louis c'è di che entusiasmarsi per le poche verdure locali (Mauritius importa quasi tutto, persino lo zucchero di canna, perché, per quei complessi giochi dell'alta finanza, è più conveniente così), e c'è di che stupirsi dell'assenza di un settore del mercato dedicato al pesce. Lì, per poche rupie, qualche centesimo di euro, a essere abbastanza determinati per concedersi l'esperienza, c'è il fast food locale: le Dholl pouris, facaccette farcite con curry di verdure e arrotolate su se stesse, risposta vegetariana all'hot-dog.
Chi non ha il coraggio di buttarsi nella calca, può provarci a casa con le ricette del volumetto La cuisine Mauricienne o con il fascinoso e voluminoso Ile Maurice, Deux siècles de cuisine di Jean-Claude Hein, vincitore in Francia del Gran Prix Litérature Culinaire, o, ancora, collegarsi al sito www.cuisinemauricienne.com. Sembra da turisti, e invece è scrupoloso e corretto. Le Fangourin, il ristorante del museo sulla canna da zucchero, che propone tra gli antipasti i fritti locali tra cui gli ottimi beignet piment, serviti con una salsa al peperoncino verde di cui si rimpiangerà di non aver fatto scorta. Ma più del museo, prima che il governo li chiuda (la canna da zucchero non è più remunerativa), è affascinante vedere uno zuccherificio in funzione. Indimenticabile l'assaggio dello sciroppo di canna e dello zucchero appena cristallizzato, ancora caldo.

Poi si vola via e Air Mauritius sorprende chi è in business col menu di Antoine Heerah, gloria nazionale in trasferta parigina. Se poi conti che fanno 22° e lo chiamano inverno, viene da chiedersi quanto mai costerà prender casa a Mauritius...

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