Controcorrente

Veg e barrette alimentano un grosso giro d'affari

In fondo lo sappiamo tutti benissimo che per dimagrire dobbiamo mangiare cose semplici, magre e varie. Che dobbiamo fare movimento e limitarci a tavola. Eppure abbocchiamo regolarmente a qualsiasi tipo di proposta del mercato. Che sia una linea di beveroni, di barrette, di bustine da sciogliere in acqua, di prodotti da forno creati ad hoc, tutto ci suona come una scorciatoia.

Ed eccoci pronti ad aprire il portafoglio pur di perdere peso velocemente: 60 euro per 18 barrette di mandorle e anacardi, 15 euro per una mini confezione di muslei, 3 euro per microscopici snack con aggiunta di magnesio. Poco importa che si tratti di dieta a zone, dieta Dukan, paleo dieta (che propone di tornare a mangiare come gli uomini delle caverne) o dieta del gruppo sanguigno. Fatto sta che ogni piano di dimagrimento è accompagnato da una linea di prodotti costosissimi che ci aiutano nella nostra impresa anti grasso. Tradotto in cifre, il business globale delle diete ammonta a qualcosa come 500 miliardi di euro all'anno se si considerano anche libri di ricette, decaloghi dei nutrizionisti o dei guru alimentari e vendite di integratori vari. La platea di chi tenta una dieta almeno una volta nella vita è di un italiano su quattro e da qui si capisce bene quanto possa essere «goloso» il mercato dei cicciottelli, da conquistare con promesse che poco importa che siano vere o false.

E allora largo a mode vegane, crudiste, macrobiotiche, chetogeniche e metaboliche. Perfino la dieta del digiuno rappresenta una fabbrica di soldi, tra corsi e manuali. Gli italiani che non mangiano carne e pesce sono il 6,5%, secondo dati Eurispes, mentre quelli che escludono del tutto dalla dieta l'uso di prodotti animali e derivati solo lo 0,6%, nel complesso, oltre il 7% della popolazione nazionale. Lo mette in luce il rapporto Coop «Consumi e distribuzione» che evidenzia nuovi stili di consumo con più cibo biologico e integratori alimentari nel carrello della spesa. Altra voce in crescita è quella dei prodotti senza glutine e dei cereali alternativi al frumento (dal kamut alla soia): il rapporto Coop stima 250 milioni di euro di introiti all'anno, con un incremento del 18% negli ultimi anni. E noi ci troviamo ad acquistare prodotti gluten free (più cari dei prodotti tradizionali) anche se celiaci non siamo, senza sapere che ci possono perfino fare male.

MaS

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