Alessia Marani
Picchiati, rapinati, persino sequestrati. Finisce nel peggiore dei modi il Capodanno «bravo» di un ristoratore romano di 50 anni e dun suo amico, un pensionato genovese, che la sera del 30 dicembre aveva «abbordato» due romeni di 23 e 24 anni nei pressi della stazione Tiburtina, invitandoli a trascorrere con loro la notte di San silvestro. Una serata «da brivido» nata da un incontro occasionale, uno dei tanti che ogni sera si fanno nelle strade di Roma, avevano pensato gli italiani: cenone per quattro allinterno dello stesso locale delluomo chiuso al pubblico e, dunque, riservato per la «festa». Quindi proseguimento a casa, vino e spumante a volontà, a tirare fino allalba. E tutto sembrava filare liscio come da programma. Almeno fino a quando il gruppetto non ha fatto il suo ingresso nellabitazione del cinquantenne. «Scherzavamo e ridevamo - ha raccontato luomo ancora sotto choc agli uomini dellAntirapina della squadra mobile romana - poi a un certo punto, i due estraggono un coltello me lo puntano alla gola. Volevano i soldi, mi urlavano di aprire la cassaforte. Ma in casa non esiste alcuna cassetta di sicurezza. Così giù botte». I due stranieri, entrambi clandestini e senza fissa dimora - come accerteranno dopo i poliziotti - si muovono come ossessi, girano tutta la casa, arraffano quel che possono: gioielli, qualche centinaio di euro in contanti, telefonini, persino una macchina fotografica da collezione. Alla fine il ristoratore viene legato e immobilizzato mani e piedi coi fili del telefono ben stretti attorno ai polsi e alle caviglie. Per fuggire i romeni pensano bene di prendere le chiavi dellauto, una Lancia Y, di proprietà del genovese. Ma per coprirsi la fuga decidono di portarlo in ostaggio. Direzione: Napoli.
Per i due amici italiani sono momenti terribili. Il ligure viene fatto salire in auto, i tre imboccano lautostrada verso sud. I romeni si sentono abbastanza tranquilli. Una volta arrivati nel capoluogo partenopeo, lasciano la vettura e il loro ostaggio. Prima fanno il pieno di benzina, poi gli dicono di tornarsene a Roma. Luomo è senza soldi e senza cellulare, spaventato a morte. Quelli si dileguano. Intanto, nella Capitale, il ristoratore in mattinata riesce a liberarsi e sebbene ancora con le mani legate, scende in strada a chiedere aiuto. «Probabilmente - spiega il dirigente della Quinta sezione della squadra mobile, Andrea Di Giannantonio - gli stranieri pensavano di farla franca, contando sul fatto che i due non avrebbero avuto il coraggio di denunciare lepisodio per vergogna. Invece, chiamato il 113, ci siamo subito messi al lavoro».
In particolare, per arrivare a identificare i due romeni, di cui uno ha anche precedenti per furto, è stato utile agli inquirenti risalire al tracciato telefonico dellutenza del cellulare usato da uno dei giovani e intestato a unamica di questo. Attraverso un identikit dei due ricostruito con laiuto delle vittime, poi, i «falchi» e gli uomini in borghese dellAntirapina hanno battuto per giorni la zona della stazione Tiburtina fino, appunto, a riconoscere i due aggressori. Alicsandroae V.
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