Veltroni arruola la pacifista Sgrena

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Silvia Cerioli

Ogni volta che Robert De Niro giunge a Roma, qualcosa va storto. Certo è che “Bob”, come lo chiamano gli amici, nell’Urbe trova sempre qualche buon motivo per accigliarsi. Una volta è colpa delle polemiche degli italo-americani su «Shark Tale» e delle imminenti presidenziali negli States, un’altra volta è colpa di quella dannata mania romana di accalcarsi attorno ai divi. È successo anche lunedì scorso, alla mostra capitolina in onore del padre, pittore dell’avanguardia americana poco frequentato in Italia. E sì che di vernissage per De Niro senior non è che ce ne siano molti, nel mondo. È un fatto storicamente accertato che Peggy Guggenheim, a suo tempo, al Moma di New York avesse deciso di togliere le opere del papà dell’attore perché non le riteneva all’altezza del museo. In compenso, al suo posto la mecenate aveva piazzato le opere di Jackson Pollock che, per ironia della sorte, era amico del De Niro pittore. Insomma, quella di Roma sembra un po’ una rivincita postuma. Con tutto ciò, la ressa per la mostra ha molto infastidito l’attore, che si è lamentato del gran numero di gente accorsa.
Dal cipiglio di De Niro ai rapporti tra Giuliana Sgrena e il primo cittadino. Visite di cortesia tra giornalisti sono una consuetudine, anche se uno dei due fa il sindaco. Quella di mercoledì scorso tra l’inviata del manifesto e l’ex direttore de l’Unità, però, presenta qualche strano particolare. Innanzitutto, questi incontri avvengono alla presenza di assessori e cronisti, magari nell’ambito di un consiglio comunale straordinario. Inoltre, appare singolare che, dopo l’incontro, non sia stata rilasciata alcuna dichiarazione da parte del sindaco o della giornalista. «Un incontro privato», si è lasciato sfuggire il primo cittadino. Per parlare di cosa? Con ogni probabilità, di molte cose.

Di iniziative pacifiste, di un progetto editoriale sull’Irak, di una possibile discesa in politica della Sgrena. Veltroni mediterebbe infatti di affidarle una delega alla «cooperazione tra i popoli» o, come hanno già fatto alcuni suoi colleghi di sinistra, alla «pace».

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