Roma - «Il governo? Deve durare il più possibile. Si voterà nel 2011 e lo sfidante sarà Berlusconi. Tra me e l’ex premier c’è rispetto». È una lunga giornata mediatica, quella di Walter Veltroni che, svestita la tuta del panchinaro di lusso, ha voglia di recuperare il tempo perduto e di uscire dal recinto romano, riacquistando una piena visibilità nazionale e calcando il più possibile le scene televisive e politiche. Un desiderio che si traduce in dichiarazioni a tutto campo sui temi caldi dell’attualità politica. Con digressioni tipicamente veltroniane come il comunicato di felicitazioni dettato per l’arrivo del cestista Marco Belinelli nell’Nba.
Per l’inizio del suo viaggio Veltroni non sceglie certo percorsi accidentati. Non è facile, però, districarsi nei meandri delle questioni reali distribuendo soltanto caramelle e visioni accattivanti. E così il sindaco di Roma inizia ad accendere qualche malumore a sinistra. «C’è un grande squilibrio nel sistema pensionistico italiano» fa notare Veltroni. «Il tempo di lavoro deve essere allungato perché l’aspettativa di vita è più lunga». Fuori dallo schema buonista anche la risposta ad Arturo Parisi che lo aveva criticato per essersi assicurato preventivamente il sostegno delle «macchine di partito» nella corsa alla guida del Pd. «So che Parisi ha fatto l’intervista prima che io parlassi a Torino, ora mi aspetto da Arturo un giudizio più attento sui contenuti. L’unica cosa di cui si può stare tranquilli è che io decido autonomamente».
Per il resto il candidato a cui il centrosinistra affida le sue residue possibilità di resurrezione politica cerca di dribblare le asperità e di muoversi su un territorio franco. Si voterà nel 2008, nel 2009 o nel 2011? «La terza che ha detto» risponde Veltroni a Gianni Riotta. «È importante che il governo duri il più a lungo possibile. Il governo deve durare perché ha due o tre cose molto importanti da fare: la riforma elettorale, la riforma della politica e affrontare le questioni sociali». Il tentativo fin troppo evidente è quello di allontanare da sé in tutti i modi lo spettro di una possibile contrapposizione frontale con Romano Prodi. «In Italia c’è sempre un retroscena, ma la verità è che se il governo andasse in difficoltà la prospettiva del Partito democratico sarebbe fortemente compromessa». Al di là, insomma, dei dietro-le-quinte che parlano di un premier infastidito «io so che la prima telefonata che ho ricevuto dopo il discorso di Torino è stata quella, molto bella, di Prodi».
Quanto ai futuri sfidanti al governo, Veltroni è cauto: «Nel centrosinistra il candidato sarà scelto con le primarie e nel centrodestra non mi sembra che Berlusconi abbia molta intenzione di cedere». E proprio sul presidente di Forza Italia, Veltroni usa toni insolitamente morbidi, almeno rispetto agli standard verbali del centrosinistra. «Ho collaborato con Berlusconi da sindaco di Roma e l’ho fatto con una grande passione. Il governo di centrodestra ha avuto nei confronti di Roma un comportamento di grande correttezza. È normale che si collabori, le istituzioni non sono di nessuno e non si fanno schieramenti contro. Berlusconi ha fatto cose sbagliate, ma anche cose giuste come la legge sul risparmio» e anche nella legge costituzionale «c’erano cose inaccettabili ma anche cose ragionevoli». Per il sindaco di Roma, se ad ogni legislatura si cancellano le leggi fatte dal governo precedente si «rischia di fare come con la tela di Penelope».
Sul tema più caldo, spinoso e controverso della navigazione dell’Unione - il rapporto con la sinistra massimalista - l’esponente diessino fa però orecchie da mercante. «Oggi, la maggioranza di governo è quella uscita dal voto. Domani se ci sarà una legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliere coalizioni omogenee, si potrà vedere». Una riflessione pilatesca che gli vale subito la stoccata di Altero Matteoli.
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