Politica

Veltroni fa il commissario antimafia ma chiude gli occhi sul vero "delitto"

L’ex sindaco di Roma, in campo per lo scioglimento del Comune di Fondi, si dimentica dei guai ben peggiori di un paese campano. Guidato dal Pd

nostro inviato a Castello di Cisterna (Napoli)

C’è consiglio comunale e consiglio comunale. Per Walter Veltroni, disoccupato della politica diventato professionista dell’antimafia, quello «mafioso» è solo quello di Fondi, a guida centrodestra, di cui da settimane chiede lo scioglimento «per l’evidente intreccio tra poteri criminali e politica». Un attivismo senza precedenti per la legalità, che ovviamente sta a sinistra e mai a destra. Mai una parola su un altro comune poco distante, a guida Pd, che vanta il non invidiabile record di esser stato il primo consiglio comunale ad essere stato sciolto dall’attuale governo, per conclamate infiltrazioni camorristiche. Parliamo di Castello di Cisterna, 7mila anime in provincia di Napoli. Pochi chilometri quadrati ma con un fitto grumo d’interessi edilizi su cui hanno messo le mani le due potenti cosche locali: Rega e Ianuale. A guidare la giunta, prima del ciclone del 3 luglio, erano il sindaco dello Sdi, Aniello Rega, e il suo vice del Pd, Clemente Sorrentino. La Commissione d’accesso antimafia non aveva perso tempo per insediarsi dopo le elezioni comunali vinte dal centrosinistra nel maggio del 2006. Pochi mesi dopo arriva la richiesta di scioglimento approvata dal governo poche settimane fa.
«Una decisione politica, questo non è un comune condizionato dalla camorra. Aspettiamo le motivazioni del decreto, poi agiremo anche con ricorsi e, se serve, azioni legali con richieste di risarcimenti», sostiene Sorrentino. Non la pensa così il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta, componente della Commissione antimafia, che per mesi ha chiesto di mandare a casa il sindaco e i suoi consiglieri «colpevoli» di non aver saputo respingere le richieste della camorra.
Le dettagliate interrogazioni del deputato riguardavano, ad esempio, l’informativa antimafia del prefetto, ignorata, che invitava il sindaco a revocare le autorizzazioni a favore del ristorante della moglie del boss Giovanni Rega; la direzione dei lavori, da parte del vicesindaco, per la costruzione di una sopraelevazione del palazzo della madre del boss Ianuale; o le spese del matrimonio di un assessore pagate con danaro pubblico da un ex consigliere regionale inquisito per mafia. Al centro del lavoro dei commissari ci sono in particolare le presunte connivenze tra alcuni esponenti della maggioranza e i parenti di due boss della malavita su atti amministrativi e interessi edilizi.
I commissari hanno spulciato i documenti su appalti pubblici, concessioni edilizie e politiche ambientali. Setacciati gli atti sugli affidamenti diretti dall’ente a varie ditte. «Le conclusioni della commissione di accesso agli atti amministrativi e quelle di vari organismi di polizia andavano nella stessa direzione - afferma Laboccetta - quella delle infiltrazioni mafiose nel comune». Ma per il centrosinistra locale, quello del deputato Pdl era «sciacallaggio politico». A giugno, nonostante il lavoro della Commissione, il sindaco Rega non ha esitato ad avviare i preparativi per candidarsi alle provinciali di Napoli. La marcia indietro è arrivata probabilmente con le voci di un imminente scioglimento della giunta. Che l’amministrazione di Rega navigasse in acque poco limpide lo si era capito anche da un’altra inchiesta, che ha coinvolto l’assessore Giosafatte Nocerino, che nel 2004, quando era nella Margherita, si fece pagare, questa è l’ipotesi della procura di Napoli, il pranzo nuziale con 20mila euro provenienti dai fondi della Regione. I soldi li avrebbe ricevuti dall’ex consigliere regionale Roberto Conte, ex Margherita poi Pd, arrestato nel 2008 e condannato il 4 giugno per concorso esterno in associazione mafiosa. Non c’è solo Fondi.

Qualcuno lo faccia presente al commissario Veltroni.
(ha collaborato Luca Rocca)

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