Qual premio ha vinto Uolter, l’Ercolino d’oro o il Tapiro di platino? Attapirato infatti, o come l’Ercolino gonfiabile che tanti schiaffoni prendeva e sempre in piedi restava, appare il segretario del Pd mentre scopre che a prenderlo in giro per la Vigilanza Rai, son stati proprio i suoi parlamentari.
Hai voglia a prendertela col Cavaliere nero o con la maggioranza di centrodestra, eludendo l’interrogativo cruciale: coi soli voti del Pdl, il senatore democrat e postdemocristiano Riccardo Villari sarebbe stato eletto presidente «di parte» della Commissione di vigilanza sulla Rai. Dalla stalla di Veltroni son sfuggiti almeno tre buoi, che lo han legittimato. E se uno può essere riconosciuto nel presidente eletto «a sorpresa», chi è l’altro che ha votato per lui e il terzo che ha votato scheda bianca? Quelli dell’Udc - quanto son bravi i postdemocristiani a precostituirsi gli alibi quando annusano le trappole - han dimostrato, uscendo e rientrando tra le votazioni, che i loro voti son mondi da ogni colpa. Che a tradire Leoluca Orlando sia stato qualche dipietrista è impensabile e a rischio di querela vincente. Dunque, a giocar lo scherzetto son stati tre del Pd.
Tanta coazione a scagliarsi contro Berlusconi anche quando le coltellate arrivano da casa, è ormai la «cifra» di un leader politico che non ne indovina più una. Meglio sarebbe prendersela col destino cinico e baro, ma come va letto l’ultimo commento di Veltroni su quanto sta accadendo tra i sindacati confederali? «La maggioranza e il governo di destra stanno lavorando per dividere le parti sociali», ha dichiarato ancora ieri. Che vuol dire, che Bonanni s’è venduto ad An? Che è il povero Epifani, «signor no» comprovato, ad esser vittima di «strumentalizzazioni politiche»? Che Uil e Cisl, ormai da mesi e svariati contratti lasciate sole dalla Cgil, son cadute nelle reti e nelle trappole abilmente intrecciate da Berlusconi?
Di certo è Veltroni che, per non contrariare Di Pietro, sembra esser caduto in una trappola dalla quale sarà difficile uscire. E continua ad inanellare errori, passi falsi e figuracce. Ma come fa, con candore degno di miglior causa, ad uscirsene l’altro ieri sera rassicurando giornalisti e telecamere: «Villari va a dimettersi, me lo ha appena comunicato»? E ancora ieri, mandare avanti i capigruppo Finocchiaro e Soro a stilar note congiunte per garantire come «impegnativo e concludente l’impegno del senatore Villari di rassegnare le dimissioni». Mentre quello s’è già dotato di un «portavoce» che annuncia il calendario delle udienze programmate quale neo presidente della Vigilanza: martedì al Senato da Schifani, mercoledì alla Camera da Fini, «avrà chiesto udienza pure in Vaticano» sorridono amaramente quelli che nel Pd vedevano andar Veltroni contro un muro senza ascoltare i loro avvertimenti.
Ma non c’era, nella tradizione della nostrana sinistra, una sana pratica chiamata «autocritica»? Nella foga di chi ha sempre ragione, Veltroni ieri ha tempestato di telefonate tutti i generali del Pd, anche i colonnelli, intimando per i primi giorni della settimana entrante la riunione urgente del direttivo del gruppo al Senato. Ma non occorre aspettare martedì, ed anzi non c’era nemmeno bisogno che ieri sera lo dichiarasse ufficialmente lo stesso Villari, per indovinare che sì, lui sarebbe anche disposto a dimettersi, ma - «per il bene delle istituzioni» - solo dopo che maggioranza e opposizione abbiano trovato un accordo sul nome del suo successore. Che farà adesso Ercolino, mollerà il candidato dipietrista?
Ne ridiamo, ma è per non piangere. Perché a far gelare il sangue dovrebbero essere sufficienti le dichiarazioni rilasciate subito dopo l’elezione di Villari tanto da Veltroni quanto da Di Pietro. «È una cosa che avviene nei regimi e non nelle democrazie», ha sparato il leader del Pd; mentre quello di Idv denunciava il «colpo di mano contro la democrazia» del premier «Videla».
Gianni Pennacchi
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