RomaAncora un po defilato, ma molto attivo. E presente, sempre: alla Camera dei deputati è tra i più assidui nelle votazioni, e nelle pause vede, incontra, discute, organizza. Giusto due giorni fa, attorno ad un tavolino appartato della mensa parlamentare di Montecitorio, aveva riunito un gruppetto di fedelissimi romani, dallex assessore allUrbanistica Roberto Morassut allex segretario Pd del Lazio Michele Meta, a parlare di elezioni regionali.
Insomma, Walter Veltroni è tornato ad occuparsi a tempo pieno - o quasi - di politica. Cè chi giura che le trattative sulle regionali gli abbiano fatto perdere la pazienza, con la maggioranza bersaniana ma soprattutto con la minoranza di cui fa parte, Area democratica, che in Umbria ha sacrificato lunico candidato veltroniano alle primarie, lex tesoriere Mauro Agostini. Franceschiniani e fassiniani gli han remato contro, imponendo un altro candidato. E lui ora è molto tentato di mandarli a quel paese e far da sé. Lultima riunione di vertice del correntone di Ad, poche sere fa, si è conclusa con un armistizio: ora ci sono le regionali e bisogna impegnarsi tutti per la ditta. Poi, anche a seconda del risultato, si aprirà una resa dei conti. «Daltronde - dicono i veltroniani della prima cerchia - sia Fassino che gli ex Ppi di Fioroni sono sempre più vicini a Bersani, quindi Ad ha già perso un pezzo».
Il sogno di Veltroni è più ambizioso delle «beghe di corrente». Quale sia lo ha raccontato lui stesso, nella recente intervista ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera: «Una grande scuola di formazione politica, promossa da personalità che vengano dalla società, da tutte le componenti interne del Pd e anche da esponenti di forze riformiste altre». Lobiettivo? Formare, come ripete Veltroni, «una nuova classe dirigente del Pd che finalmente non sia più ex-qualcosa», ex Ds, ex Margherita, ex socialista o quantaltro. Ma «semplicemente democratico». Lo strumento già esiste: è la Fondazione Scuola di politica che Veltroni lanciò già da segretario del Pd, presieduta da Michele Salvati (ma non è escluso che lo stesso Walter ne prenda la guida) e animata da parlamentari veltroniani come Enrico Morando e Giorgio Tonini. Finora ha organizzato seminari e convegni, ma Veltroni aspetta lesito delle Regionali per rilanciarla alla grande. Non che si faccia alcuna illusione su possibili «terremoti» interni al Pd: sa che, complice anche il caos liste del Pdl, potrebbero andare anche molto meglio del previsto, con un bottino di 8 regioni a 5, e rafforzare Bersani. Ma la vera partita sarà quella per le Politiche del 2013.
Per ampliare la platea della sua Fondazione, Walter tesse rapporti a 360 gradi: si racconta di incontri per rianimare il milieu imprenditorial-culturale che fu veltroniano ai tempi doro del Campidoglio; di contatti con esponenti di altri partiti della sinistra: da Leoluca Orlando di Idv, sempre meno dipietrista e sempre più veltroniano, agli ex Ds ed ex Prc di Sinistra e Libertà, da Mussi a Fava allo stesso Vendola. Che - tanto più dopo le sanguinose primarie di Puglia - nutrono grande diffidenza verso il Pd dalemian-bersaniano (pronto a sacrificarli sullaltare dellintesa con Casini) e guardano con simpatia a Walter. Si narra persino di un riavvicinamento al padre della Svolta, Achille Occhetto.
Le Fondazioni fondate dagli ex leader, si sa, sono in genere strumenti per restare in campo, regolare i conti e preparare il ritorno. ItalianiEuropei (DAlema) o FareFuturo (Fini) sono casi di scuola. Lex segretario del Pd, però, ripete in tutte le salse che tutto vuol essere, la sua Fondazione, tranne che una corrente: «Sulla mia lapide voglio scritto solo quello: Non ha mai partecipato a una corrente».
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