Inutile tentare di sfuggire ai sentimenti, scegliere la solitudine, trincerarsi in un eremo per difendersi dalle passioni. Inutile perché la passione raggiunge chi la sfugge. Parla chiaro Pierre Carnet de Marivaux nel suo Trionfo dell'amore in scena con la regia di Lorenzo Loris al Teatro Out Off di Milano fino al 24 giugno. Un regno usurpato, una fanciulla che lo eredita consapevole delle colpe dei parenti, un giovane erede legittimo salvato dalla vendetta in tenera età da un filosofo illuminista sprezzante dell'amore. E l'amore che si vendica travestito da monello di una Parigi di fine Ottocento.
È così che il regista vede la principessa Leonida, benefica menzognera travestita da ragazzo per conquistare il principe Agis, il diseredato, il nemico di suo padre che lei ama e a cui vuole restituire il regno. Una trama sottile, un disegno pericoloso e perfetto che porta Leonida nell'eremo di Hermocrate e di sua sorella Leontine, tutori di Agis, anche lui educato al disprezzo dell'amore. La scena è divisa da tre grandi teli obliqui. Pochi elementi scenici, panche e sedie che sono accenni al passato. Colori spenti, luci che seguono sentimenti e parole, vaghi riferimenti al teatro No giapponese, disincarnato e lento.
Magnifica coppia di fratelli, lo ieratico Giovanni Franzoni (Hermocrate) e la stralunata Elena Callegari (Leontine). Bravissimo Giorgio Minneci (il giardiniere Dimas) e giusti nel loro ruolo Corrado Calda (Arlecchino), Paola Campaner (Corine travestita da Hermidas, l'amica fedele della principessa) e la coppia di giovani innamorati Alessandro Tedeschi (Agis) e Stefania Ugomari Di Blas (Leonida più tutte le sue maschere), colei che trafigge il cuore inaridito di Hermocrate e finisce per sedurre (nei panni di maschietto) pure Leontine.
«Voi mi credete superiore alle infime passioni», confessa Hermocrate vinto dalla forza del sentimento che ha abbattuto le difese. Leontine invece, mentre sta capitolando, annuncia: «Io credo che un marito abbia lo stesso valore di un eremita».
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