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Vendetta per due Petacchi in volata Gasparotto in rosa

Dopo la vittoria, il velocista scoppia in lacrime e se la prende non si sa bene con chi. Ennesimo colpo di scena in casa Liquigas

Vendetta per due Petacchi in volata Gasparotto in rosa

nostro inviato a Cagliari
Vittoria e lacrime. Gioia e vaffa. In trecento metri di assolo finalmente libero e naïf, guarda caso senza treni e senza tattiche, senza ossessioni e senza schemi, Alessandro Petacchi condensa quello che il vecchio Bonolis chiamerebbe tutto il senso della vita. Ma sì, la strana regola del nostro destino, che per un giorno, o un mese, o un anno ti sbatte giù, ti frulla, ti macina, ti sbatte, ti centrifuga, molto spesso con gusto quasi sadico, ma che poi, all’improvviso, senza una ragione logica e precisa, quando meno te lo aspetti, anzi proprio quando credi di essere completamente finito, ecco, con inspiegabile gesto di misericordia ti riporta su, in alto, in altissimo, dove finalmente ritrovi tutto quello che avevi perso, ma soprattutto quello che conta di più: te stesso, la tua persona.
Ci sta veramente tutto, in questo atteso e tormentato ritorno alla grande vittoria del nostro sprinter migliore. A un anno esatto dalla frattura (rotula, caduta nel Giro 2006), c’è il tormento dell’operazione, della ricostruzione, ma soprattutto del dubbio finale: possibile tornare come prima? Adesso c’è anche la risposta: sì, è possibile. Purtroppo, in questa giornata di romanzo popolare, che sfocia nelle umanissime e comprensibilissime lacrime liberatorie del campione ritrovato, c’è anche uno spazio per il risentimento un po’ ingiusto e un po’ carognetta. Spiace registrarlo, ma nel one-man-show di Cagliari è prevista pure la speciale rubrica del vaffa. «Ora non mi rompete più», dice ancora in lacrime ai microfoni Rai, mentre riceve le caritatevoli carezze della crocerossina Alessandra De Stefano (o ha velleità da assistente sociale?).
Intendiamoci: è comprensibile che Petacchi, dopo una volata a settanta orari, si conceda anche uno sfogo senza filtri, a botta rovente. Assolto dunque per aver parlato in condizioni estreme, ma certamente colpevole perché il pensiero è sommamente ingiusto. Chi rompe? Chi ha rotto, in quest’anno di attesa? Tutti hanno compatito, tifato, sostenuto Petacchi. Tutti hanno trepidato per lui. Tutti hanno capito. Se poi però il ritorno è costellato di sconfitte, ultima quella umiliante dell’altro giorno contro McEwen, anch’egli deve accettare che tutti si pongano qualche dubbio preoccupato. Non a caso, lui per primo, proprio l’altro giorno a Bosa, ha usato una frase lapidaria: «Cosa c’è? C’è che Petacchi non va».
Bando alle ripicche, allora. Sappia il macerato Petacchi che la sua vittoria è la vittoria di tutti. Che nessuno la smetterà di rompere, perché nessuno ha mai rotto nulla. Il suo ritorno ai vertici è una festa generale, di tutto lo sport italiano. Se ne convinca, e proceda sereno. Anche perché c’è ancora molto da fare. I McEwen sono demoni inaffondabili. Già lo aspettano qui al Giro, ma poi lo aspetteranno anche al Tour, per riprendere il filo interrotto della grande sfida acrobatica, sul filo dell’altissima velocità. Servono testa sgombra e animo leggero, proprio il bottino conquistato a Cagliari, più ancora della tappa. Si tenga stretta l’armonia ritrovata, non cada nel tranello della vittoria risentita: questo genere di tossine ha già rovinato generazioni di atleti.
Per la cronaca: il ritorno di Petacchi coincide anche con un nuovo cambio della maglia rosa, sempre in casa Liquigas. Allora: il primo giorno doveva prenderla Di Luca, invece se l’è presa Gasparotto. Il secondo doveva prenderla Pellizotti, invece se l’è presa Di Luca. Il terzo, per la legge dei piazzamenti, se la riprende Gasparotto.

Avvio di Giro improntato alla chiarezza d’idee.

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