«Vendiamo medicine, non mortadelle»

I titolari: «Nei supermarket a rischio la nostra professionalità e la salute dei cittadini». I consumatori: «Basta un po’ di buonsenso»

Laura Sonzogni

«I farmaci non possono essere equiparati a prosciutti e mortadelle». Federica Colombo, titolare della Farmacia Dante, non ci sta ad essere ridotta al ruolo di venditrice generica. E, come lei, i tanti farmacisti milanesi aderenti a Federfarma che oggi scioperano contro il decreto Bersani. «Ci stiamo avvicinando a una professione prettamente commerciale, il che non è certo l’ideale essendoci di mezzo la salute». La vendita dei farmaci da banco al supermercato, dicono i promotori del decreto, consentirà ai consumatori di risparmiare. «Ma non sono certo l’aspirina e le pomate per i dolori reumautici ad influire sul bilancio delle famiglie». A fare eco alla dottoressa Colombo, il suo assistente: «Nei supermercati la nostra professionalità è a rischio - dice Federico Pantè -. Qui spesso consigliamo ai nostri clienti di andare dal medico prima di proporre un farmaco generico. Nella grande distribuzione, chi ci assicura che non riceveremo pressioni per vendere i medicinali da banco? Del resto devono pur guadagnare da questa vendita e, se i prezzi sono bassi, punteranno alla quantità». Lo svilimento della figura del farmacista, a detta degli operatori, non sarà la sola conseguenza negativa del decreto: «Chi ha scritto la legge - dice Gianni Valdati, responsabile della Farmacia Carlo Erba di Piazza Duomo - dovrebbe spiegare perché in America, dove il settore farmaceutico è già “liberalizzato”, il medicinale più diffuso è un prodotto contro l’ulcera, uno dei principali effetti collaterali derivanti dall’abuso di farmaci contro il mal di stomaco». Contro il modello americano punta il dito anche Pietro Benzi, titolare di una Farmacia in Corso Buenos Aires. «Negli Stati Uniti si registra il quadruplo delle malattie causate dal farmaco rispetto a quanto avviene in Italia». In cambio di un risparmio esiguo, dunque, il consumatore si troverà di fronte a grossi rischi per la sua salute. Lucia Marinoni, titolare dell’omonima farmacia in corso Buenos Aires teme lo strapotere delle grandi case farmaceutiche: «È un provvedimento che favorisce le multinazionali e porta alla distruzione di un sistema di distribuzione che è uno dei più efficienti in Europa». Efficiente ma, a detta di molti, anche molto costoso. «La colpa non è dei farmacisti, che sono l’ultimo anello della filiera - dichiara Gianluigi Rainieri, titolare di una farmacia in via Vitruvio, aperta dal 1905 -. Noi forniamo alla nostra clientela una serie di servizi gratuiti, ma che non vengono mai ricordati in queste occasioni». Screening del colon retto, ricette protesiche e dietetiche, inserimento di dati per il Servizio sanitario nazionale: tutte attività che richiedono disponibilità di personale e, quindi, costi aggiuntivi. A quel personale, è il commento frequente dei farmacisti, «dovremo rinunciare perché saremo schiacciati dalla concorrenza» della grande distribuzione.

I consumatori, pur comprendendo le ragioni della categoria, non condividono l’allarmismo: «Farmaci al supermercato? Una comodità, se ho bisogno di qualcosa ne approfitto mentre faccio la spesa» dice Claudia, casalinga. «Contro i rischi per la salute - afferma Michele, impiegato - basta leggere le istruzioni e usare un po’ di buonsenso».

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