«Dieci anni fa cercavo di modificare la realtà attraverso l'amore e l'unità d'intenti, ma non è cambiato nulla. L'individuo è solo, sempre più solo, nessuno lo aiuta a vivere in un modo che non sia mediocre. La nostra vita, da sempre la dobbiamo costruire da soli, possibilmente ricca dentro». È il 1978 quando Antonello Venditti commenta così il suo LP «Sotto il segno dei pesci».
Aprile 2008: stasera il cantautore romano de Roma sarà al Vaillant Palace e rilancia: «La penso come allora. Anzi, oggi, la situazione è peggiorata, ogni giorno, in ogni momento siamo bombardati da messaggi negativi. La comunicazione attuale trasmette angoscia e solitudine».
Tipo?
«Si parla tanto di disinteresse dei giovani verso la politica, di antipolitica, ecco, questa parola è stumentalizzata in modo negativo per diffondere una comunicazione sbagliata: non è antipolitica quella di oggi ma è la voglia di politica diversa».
Credi ancora alla politica?
«L'Italia è una scatola cinese, tutto è ingarbugliato, gli interessi sono mischiati. Va resa libera. E questo lo può realizzare solo una buona politica. Credere in un ideale politico presuppone l'idea di dare un contributo con il proprio lavoro generosamemte e gratuitamente. In passato io ci credevo, sai quanti concerti gratis ho fatto per una buona causa? Comunque non è detto che non lo rifaccia perché la politica è un dovere e un diritto. Ci deve essere non si può non interessarsene».
Che rapporto c'è tra la politica e la musica ?
«In teoria una buona politica dovrebbe promuovere sia la musica sia la cultura. L'Italia non considera, ed è l'unico paese, la "musica polpolare" cultura, basta pensare al fatto che non si insegna musica nelle scuole se non quelle di orientamento classico. Non c'è cultura musicale "domestica" ovvero in casa, uno studente se si compra uno strumento, tipo una chirtarra o un pianoforte non può scaricarselo dalle tasse. Ti sembra corretto? Oggi non c'è accesso democratico alla musica».
Il mondo dello spartito è allo sbaraglio?
«Sì, un mondo senza tutele, ad esempio io stesso non so come definirmi, non ho una qualifica in quanto cantante ma solo in quanto autore».
A proposito d'autore e con diritti come la metti?
«Se il riferimento riguarda la diatriba per l'espropiazione indebita riguardo l'utilizzo del titolo dato ai film "Notte prima degli esami" e Questa notte è ancora nostra" farò valere le mie ragioni. Non mi è stato chiesto neppure il permesso, neanche una telefonata. Questa è una vera e propria speculazione».
Passiamo ad un discorso più leggero: conosci Genova ti piace? Cosa ne pensi?
«È la città di Fabrizio De André, Ivano Fossati, Gino Paoli, Beppe Grillo, Paolo Villaggio e i fratelli Reverberi
basta questo».
E la proverbiale "melanconia" genovese la conosci?
«Basta con questa melanconia dei genovesi! L'avete esportata in Brasile, la famosa saudagi, e pure nel mondo. Genovesi, per favore, cominciate a ridere sto arrivando!».
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