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Vendola e Scelsi, fratelli illustri intercettati

Ecco i colloqui dei parenti del governatore e del pm con gli inquisiti per la sanitopoli. Il congiunto del leader Sel: "Non parliamo al telefono, l'aria si è fatta proprio irrespirabile"

Vendola e Scelsi, 
fratelli illustri intercettati

Nomi, anzi cognomi eccellenti, nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta barese sull’ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco, ora senatore del Pd, salvato dall’arresto dal voto dell’Aula. Sono quelli di due medici, pizzicati a chiacchierare con i protagonisti dell’indagine. Sono Michele Scelsi ed Enzo Vendola, rispettivamente fratelli di Pino, il pm del caso D’Addario, e Nichi, governatore pugliese. Dei rapporti tra Tedesco e Michele Scelsi ha parlato anche Laudati nel memoriale consegnato al Csm. Non per l’irrilevante valenza penale degli stessi, ma perché a luglio 2009 furono sottoposti allo stesso Pino Scelsi, per valutare se astenersi dalle indagini. Il pm, nonostante i dubbi dei colleghi, si tenne stretto il fascicolo sulle escort.

Michele Scelsi, con Tedesco divenuto responsabile del Crat (Coordinamento regionale delle attività trasfusionali), parla con l’assessore tra il 2008 e il 9 febbraio 2009, quando una fuga di notizie rende pubblica l’indagine su Tedesco. Quel giorno Scelsi gli manda un sms: «La solidarietà di oggi con la stima di sempre». La prima telefonata è del 22 marzo dell’anno precedente. Scelsi: «Poi ci vediamo dopo Pasqua (...) Ho un po’ di cose anche da dirti (...) Dell’Asl, ci sono delle cose che non si muovono manco...». T: «Adesso c’è stato un intervento del presidente (...) perché adesso ho chiesto formalmente di darmi le carte dei bandi e delle commissioni, va bene?». Il 17 maggio, Scelsi informa Tedesco che il centro trasfusionale della Regione aveva ceduto sacche di sangue alla Toscana. Tedesco: «Perché non fai un comunicato come Crat?». Scelsi: «Era quello che volevo tu mi dicessi». Il 16 giugno ancora Scelsi informa Tedesco di un «allarme rientrato», che riguardava la «banca militare di Taranto», probabilmente il centro trasfusionale dell’ospedale della Marina. S: «Quella vicenda della banca militare di Taranto (...) si è conclusa positivamente, nel senso che la signora è negativa a tutti gli esami, per cui non esploderà più nessuna bomba (...)». T: «Vabbè, ma tra l’altro non me l’hanno nemmeno chiesta, voglio dire». S: «Sì, perché nessuno ne sapeva niente (...) poi ci dobbiamo comunque, eh?, ti devo comunque parlare per altre vicende, quindi...». Il 12 luglio, Scelsi e Tedesco concordano la risposta a un articolo sull’emergenza sangue. Si sentono ancora il 22 novembre, Scelsi si lamenta con l’assessore sul «piano aziendale dell’Asl che stravolge il piano sangue». «Non mi hanno chiesto niente?», domanda Scelsi, e l’assessore lo tranquillizza: «Fai conto di non averlo letto (...) in assessorato si sono resi conto che hanno fatto una puttanata».

Il fratello del governatore Vendola, l’oculista Enzo, finisce spiato, invece, con il braccio destro di Tedesco, Malcangi, indagato, che era sotto intercettazione. Il 3 settembre 2008 Malcangi lo chiama. Vuol sapere delle voci che vorrebbero Tedesco fatto fuori dalla giunta: «Mi ha detto Sigrisi che lo cacciano a Tedesco, dice che l’hai detto tu, è vero?». Vendola cambia discorso, ma Malcangi dopo un po’ insiste. M: «Ti ho chiamato per questa cosa (...) ho da decidere anche delle cose mie personali (...) se rimanere a lavorare in queste condizioni o andarmene... Allora dice che domenica il presidente è venuto alla villa tua». V: «Sì». M: «E hanno parlato di questo fatto. Ti risulta?». V: «Mario... no comment». M: «Che significa no comment? Sì, no?». V: «Quattr’occhi». M: «Va bene, a che ora?». V: «Anche oggi pomeriggio se passi dallo studio».

Il 23 settembre, Malcangi chiama Enzo Vendola e gli chiede se si ricorda «quell’amico mio di cui ti ho parlato per far la visita», riferendosi secondo gli inquirenti a Balestrazzi, un’imprenditore (indagato) che aveva rilevato quote delle società sanitarie di proprietà di Tedesco. Vendola chiede di non presentarsi in mattinata, «perché se bisogna parlare, bisogna parlare con calma, capito? Non possiamo parlare con 50mila persone alle spalle che premono... a me, a me, a me, capito? (...) ci dobbiamo vedere di sera, anche stasera». M: «Allora vengo, veniamo?». V: «Portalo un attimo, sì». Prima dei saluti, Vendola chiede a Malcangi se conosce il direttore sanitario dell’Asl Bat. Malcangi conferma: «È un mio carissimo amico». Vendola chiude: «Scusa, e gli dici di proteggere l’amico mio Ettore?». Il 7 ottobre, i due si sentono ancora, e Vendola mette in guardia ancora una volta l’amico dal parlare per telefono. Malcangi: «Quella cosa, non hai fatto niente?». Vendola: «Sì, parlai. E poi non lo so, non mi sono sentito più da allora perché c’è stato il divieto assoluto, e lui mi garantì, che anche per un altro discorso, un’altra questione, doveva chiamare... capito?». M: «Quindi si sentiranno. Non ho capito, che divieto c’è stato?». V: «No! Non possiamo parlare più per telefono di questi fatti (...

) perché l’aria si è fatta proprio irrespirabile, capito?».

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