Caracas - Clamorosa sconfitta di Hugo Chavez. il presidente venezuelano che voleva farsi "dittatore" per via referendaria. Dopo un lungo testa a testa nello spoglio dei voti, con le proiezioni che lo davano in testa, alla fine invece ha perso. Il Venezuela ha detto no: niente presidennza, o meglio "dittatura" a vita per il "caudillo rosso". La presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne) ha comunicato ufficialmente che il no alla proposta di riforma ha ottenuto al punto A il 51% contro il 49% del sì. Nello stesso tempo il no si è imposto anche nel punto B della scheda con il 51,05%, a fronte del 48,94% del sì. Lucena ha precisato che «questa tendenza è irreversibile»
Hugo Chavez ha capito che non c’è più nulla da fare: il risultato lo ha già archiviato come una sconfitta. Cocente, anche se il presidente venezuelano ha provato a dissimulare. Con l’88% dei voti scrutinati e un’affluenza ai seggi pari al 56% degli aventi diritto, le urne hanno emesso il loro verdetto: il 51% dei cittadini venezuelani ha votato "no". È stata una sconfitta «al fotofinish», ha detto Chavez, che ha preferito spostare il tiro sul 49% dei "sì", un vero «salto politico verso la rivoluzione». Resta la sconfitta. E se i sondaggisti mobilitati dal presidente avevano individuato un trend favorevole al capo dello Stato, le speranze di Chavez si sono spente all’annuncio del capo della commissione elettorale, Tibisay Lucena: con l’88% dei voti scrutinati «la tendenza al no è irreversibile». Lo è diventata presto anche per Chavez, che ha subito rivolto un discorso ai connazionali. «Ora i venezuelani e le venezuelane hanno fiducia nelle istituzioni». «Non sentitevi tristi né in pena», ha aggiunto il presidente, che non ha dimenticato di congratularsi con i suoi oppositori per la vittoria.
No allo stato socialista con presidente "a vita" Di certo c’è che la vittoria del "no" è una sconfitta tutta di Chavez, una sentenza che rischia di provocare un terremoto politico in Venezuela. Chavez, infatti, aveva fatto incetta di voti nel 1999: il suo progetto di riforma, che riguardava direttamente 69 articoli della nuova Carta costituzionale, mirava a instaurare uno Stato socialista, gli avrebbe permesso di presentarsi senza alcun limite per nuovi mandati presidenziali e gli avrebbe consentito di censurare la stampa in caso di crisi. Nulla di tutto questo, dunque, per un presidente che esce indebolito dal voto e con un futuro che gli ha già palesato la sua peggiore crisi diplomatica da quando ha assunto i poteri di capo dello Stato.
Presidente in crisi di prestigio all'estero Chavez ha rotto con la Spagna, con la quale in passato aveva intrattenuto rapporti fruttuosi. Dopo le polemiche seguite ai suoi giudizi sull’ex primo ministro di Madrid, José Maria Aznar, il presidente ha addirittura minacciato di nazionalizzare le imprese spagnole in territorio venezuelano. Sul piano regionale, la settimana di Chavez è poi iniziata con il «congelamento» dei rapporti con la vicina Colombia, dopo che il presidente colombiano Alvaro Uribe lo ha estromesso dai negoziati con i paramilitari delle Farc per la liberazione di alcuni ostaggi, tra cui Ingrid Betancourt. Infine, direttamente collegata alla crisi con la Colombia c’è quella con gli Stati Uniti, storici alleati di Uribe, accusati da Chavez di avere tramato contro la vittoria del "sì" e minacciati con l’arma del petrolio. Ma la sconfitta del suo progetto potrebbe cambiare la situazione. Chavez, però lancia il suo nuovo guanto di sfida: «Avete vinto», dice ai suoi avversari. «Tornate a casa e pensate a come gestire la vittoria. Non vorrei che fosse come quella di Pirro».
Opposizione in festa Una gioia incontenibile si è impadronita oggi dei leader e dei militanti dell’opposizione venezuelana, dopo il successo nel referendum di riforma della costituzione, proposto dal presidente Hugo Chavez. Il governatore dello Stato di Zulia ed ex candidato presidenziale sconfitto da Chavez, Manuel Rosales, si è congratulato con il capo dello Stato e gli ha subito proposto di creare con leggi speciali un fondo per la previdenza sociale dei venezuelani attivi nell’economia informale, che sono quasi cinque milioni. In questo modo Rosales ha rilanciato uno dei punti centrali della riforma costituzionale appena respinta. Da parte sua, l’ex ministro della Difesa Raul Isaias Baduel, un tempo alleato di Chavez, ha annunciato che nei prossimi giorni lancerà una proposta per convocare una assemblea costituente per introdurre riforme alla Magna Carta del 1999.
Cercando di tendere un ponte verso le posizioni governative, Baduel ha fatto allusione allo stretto margine di differenza nel risultato del referendum sostenendo che «nessuno ha vinto e nessuno ha perso», anche se poi è ritornato ad una critica più decisa, sostenendo che oggi «abbiamo sconfitto lo spettro di un colpo di stato come facemmo nel 2002 (quando lo stesso Baduel aiutò a sventare il rovesciamento di Chavez, allontanato dal potere per meno di 48 ore).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.