Caracas - Cresce la tensione in Sud America dopo il blitz dell’esercito di Bogotà in territorio ecuadoregno che ha portato all'assassinio del portavoce delle Farc, Raul Reyes. Il Venezuela ha deciso per la chiusura del confine colombiano
Linea dura del governo venezuelano Dopo aver ordinato "l'immediata espulsione" dell'ambasciatore colombiano a Caracas, il governo venezuelano ha deciso di chiudere le frontiere per "difendere la sovranità della patria e la dignità del popolo venezuelano". "Abbiamo preso alcune misure, come la chiusura del confine", ha detto il ministro venezuelano dell’Agricoltura, Elias Jaua, citato dall’emittente di Bogotà. Il provvedimento interessa tre valichi nei dipartimenti colombiani di La Guajira, Norte de Santander e Arauca. La notizia arriva mentre la diplomazia latino-americana si sta adoperando per disinnescare una crisi che rischia di coinvolgere tutta la regione. L’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) ha convocato una riunione d’emergenza.
Rafforzamento dei confini Sia il presidente venezuelano Hugo Chavez, sia il collega ecuadoregno Rafael Correa hanno disposto l’invio di forze dell’esercito alle frontiere: dieci battaglioni venezuelani e 3.200 uomini ecuadoriani. Così, mentre il segretario dell'Onu, Ban Ki Moon, invita alla moderazione dei toni, Cile e Brasile hanno chiesto all’Organizzazione degli Stati americani (Oas) di inviare una commissione per indagare "sul campo" l’incidente. Forte dell'appoggio statunitense (il presidente Bush si prepara ad approvare l’accordo di libero scambio), la Colombia citerà davanti al Tribunale internazionale il presidente Chavez con l’accusa di aver favorito un genocidio per il presunto sostegno prestato da quest’ultimo ai ribelli colombiani nel commettere omicidi di massa.
Saltano le trattative per liberare la Betancourt Da giorni i rapporti diplomatici tra i due Paesi sono ai ferri corti. Il Venezuela ha subito cavalcato l'invasione territoriale in Ecuador per attaccare il governo colombiano. Sulla stessa linea anche il presidente Correa che accusa l’incursione delle forze armate colombiane di aver "compromesso" la liberazione di 12 ostaggi, tra i quali la Betancourt. Lo stesso ministro per la Sicurezza, Gustavo Larrea, ha ammesso i contatti con i ribelli (avvenuti su terreni "né dell’Ecuador né della Colombia") per motivi esclusivamente umanitari, ovvero la liberazione della Betancourt che sarebbe dovuta avvenire a marzo.
Lo scontro diplomatico con Bogotà La polizia colombiana ha, infatti, accusato le Farc di aver finanziato in passato il presidente venezuelano Hugo Chavez perché interessate all’acquisto di uranio. "Quando si parla dei negoziati per l’acquisto di 50 chili di uranio significa che le Farc stanno facendo grandi passi nel mondo del terrorismo per diventare aggressori globali: non parliamo più di guerriglia interna ma di terrorismo internazionale", ha dichiarato il capo della polizia colombiana, generale Oscar Naranjo, spiegando che i documenti sono stati recuperati dal computer portatile di Reyes. Inoltre - sempre stando ai documenti sequestrati - il presidente venezuelano Hugo Chavez avrebbe finanziato le Farc con 300 milioni di dollari: la nota era datata 14 febbraio ma non è chiaro se Caracas abbia effettivamente trasferito il denaro e se questo costituisse un pagamento per la liberazione di sei ostaggi ottenuta proprio grazie alla mediazione venezuelano.
Naranjo ha anche parlato di una "alleanza armata" tra le milizie e il governo di Chavez, ma le autorità venezuelane hanno immediatamente smentito. "Siamo abituati alle bugie del governo colombiano, qualsiasi cosa dicano non ha importanza", ha dichiarato il vicepresidente Ramon Carrizalez.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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