Venti costruttori nel mirino dei pm

nostro inviato all’Aquila

Una cinquantina di edifici definiti «pericolosi» in più istanze. Di questi una decina poi effettivamente crollati sono stati sequestrati ieri dalla Procura. Almeno venti i responsabili di aziende di costruzione che probabilmente saranno chiamati a fornire delucidazioni e chiarimenti come persone informate sui fatti insieme a un’ottantina di addetti ai lavori fra progettisti, muratori, architetti, geometri, cottimisti, capi cantiere. Questi i primi numeri dell’inchiesta sul terremoto, che muove i suoi passi tra consulenze tecniche, visure catastali, relazioni dei pompieri su gran parte del patrimonio immobiliare andato distrutto.
Il primo decreto di sequestro stampato dall’autorità giudiziaria aquilana riguarda una decina di edifici sventrati dall’onda tellurica. Palazzi simbolo del sisma d’Abruzzo. Come la Casa dello Studente, il Tribunale, poi l’ospedale San Salvatore, gli uffici del Catasto, lo stabile di via XX Settebre 123, il palazzo Belvedere di via Gualtieri d’Ocra, i fabbricati di via D’Annunzio, via San Marciano e via Roma. Intorno a ognuno di essi vigila la polizia che ha dovuto trasportare altrove, in un luogo segreto, le macerie prese di mira da ignoti ladri, forse intenzionati a manipolare le prove e sabotare le indagini.
Solo al termine di perizie e controperizie si deciderà se iniziare ad ascoltare le grandi ditte, e le centinaia di aziende edili minori, che hanno costruito prima e dopo il piano regolatore approvato nel 1979. Un primo e parzialissimo screening avviato dagli investigatori ha portato a focalizzare l’attenzione sulle attività di società che si rifanno al comparto provinciale dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili che ancora ieri ha stigmatizzato la caccia alle streghe nei confronti dei costruttori. Dunque la Procura valuterà nelle prossime ore se procedere o meno all’ascolto dei responsabili delle ditte principali, di quelle nel frattempo fallite, delle tante che hanno lavorato in subappalto. Ditte blasonate come Barattelli, DelBeato, Martella, Prosperini, Del Tosto, Palmerini, Irti, Pasqua, Ianni, Tiberi, Lallini, Frezza e molte altre che si rifanno all’Ance, l’associazione sul piede di guerra che ha compattato la categoria dicendosi pronta a collaborare con la magistratura. Al Giornale si rivolgono i vertici dell’associazione. Francesco Manni, il direttore: «Occorre attendere gli esiti delle analisi e delle perizie, solo dopo si trarranno le conclusioni. La caccia alle streghe non ci sta bene, anche perché gran parte delle strutture in cemento armato della città ha resistito». Ettore Barrotelli, vice presidente: «Prima di lanciare accuse e sospetti occorrerebbe risalire alle responsabilità, per ogni singolo stabile danneggiato, della filiera: geologo, ingegnere, impresa, direttore dei lavori. Siamo solo un anello della catena, ma non siamo i furbetti del quartierino. L’Aquila non è una città fatta di cartone, qui s’è abbattuto uno tsunami. Il nostro lavoro per il 99% ha funzionato nelle strutture in cemento armato, solo le tamponature hanno subito lesioni. Caso diverso sono i crolli di determinate strutture, lì solo la Procura può fare chiarezza. Non siamo dei mascalzoni. Alcuni costruttori, e nessuno l’ha scritto, hanno perso i familiari nel palazzo che avevano costruito». Non è da meno l’altro vice presidente, Pasquale Ridolfi: «Troppe voci prive di fondamento, troppe accuse gratuite. La nostra è una categoria sana, e alla fine verrà fuori a testa alta.

Siamo serenissimi rispetto agli accertamenti della magistratura. Se, e dico se, qualche costruttore ha sbagliato, è giusto che ne risponda personalmente. Ma sin d’ora posso dire che se ciò avverrà, saranno casi isolati, assolutamente sporadici».

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