Fra le mostre documentarie tenute a Bologna in occasione della scorsa edizione di Artelibro in settembre, spiccava quella, presso la Galleria Accursio, curata da Marina Bressan e Marino De Grassi, ed interamente dedicata alla rivista viennese Ver Sacrum, che fu la palestra e lorgano ufficiale della Secessione viennese. Così come nellantica Roma repubblicana era definita «primavera sacra» la trasmigrazione delle giovani generazioni verso altre terre, così i giovani secessionisti vollero titolare la loro rivista Ver Sacrum. E questo proprio perché pur essendovi una componente di grande rinnovamento, in loro vi era più tradizione che rivoluzione.
La rivista uscì dal gennaio 1898 al dicembre 1903 (per centoventi fascicoli ordinari oltre ad alcuni numeri speciali) e fu un originale e fondamentale prodotto della genialità secessionista viennese. Originale perché riuscì ad elaborare nuove forme di progettazione, illustrazione composizione tipografica e editoriale. Fondamentale perché gli esiti, cioè la ricaduta di quellinsegnamento, furono uno dei «fondamenti» della Modernità dellarte occidentale. La durata della rivista, breve ma intensa, corrisponde grossomodo agli anni doro della Secessione. In una sorta di sintetico bilancio finale, apparso nellultimo numero del 1903, la redazione attestava che nel corso di sei anni furono prodotti espressamente per la rivista 471 disegni originali, 55 litografie e calcografie originali e 216 xilografie originali, ad opera dei più celebrati artisti del movimento: da Gustav Klimt, passando per Kolo Moser, sino a Josef Maria Auchentaler.
La pubblicazione, voluta dallo stesso Klimt, era però parte di quel grande progetto della Sezession, includendovi anche la costruzione del «tempio della Secessione», progettato dallarchitetto Joseph Maria Olbrich sul terreno concesso dal comune di Vienna, le 23 esposizioni di arte, grafica ed arte applicata, delle quali ci rimangono gli splendidi manifesti e soprattutto la fondazione, nel 1903, del laboratorio di arti applicate (le famose Wiener Werkstätte) con le quali si cercò di evitare leccesso di decorativismo al di fuori di una logica funzionale del prodotto.
Fu grazie alla rivista, e quindi alla sua ricaduta nel laboratorio, se si sviluppò quello specifico linguaggio per il quale la Secessione viennese è oggi universalmente conosciuta. Linguaggio percepibile sin dai primi numeri che furono veri e propri manifesti programmatici. La rivista, infatti, si reggeva sul concetto che linsieme doveva essere superiore alla somma delle sue componenti, secondo un concetto formale espresso da Christian von Ehrenfels. Questo era lobiettivo perseguito dalla redazione ed in particolare dal suo presidente, Alfred Roller, tenace sostenitore del Gesamtkunstwerk, cioè lopera darte totale. Proprio per questo ogni numero doveva essere unopera darte in sé, una perfetta rappresentazione degli ideali secessionisti. Innanzitutto il formato, quadrato: unimmagine geometrizzante che sarebbe divenuta la caratteristica tipica della grafica di Josef Hoffmann così come il formato prediletto dei dipinti di Klimt. Ma Ver Sacrum si distingueva anche nel linguaggio. E per fare in modo che larte divenisse Allgemeingut, cioè patrimonio di tutti, senza distinzione tra arte per i ricchi e arte per i poveri, i testi furono sempre comprensibili e mai pretenziosi. Lapertura internazionale della rivista, poi, fece in modo che fossero ospitati contributi di naturalisti, simbolisti, impressionisti, tutti quei poeti e letterati che credendo alla Wortkunst (allarte della parola) la vedevano realizzata in Ver Sacrum.
Oltre al catalogo della mostra, Marina Bressan e Marino De Grassi hanno curato anche un corposo volume in folio con prefazione di Rossana Bossaglia e un saggio di Christian Benrdikt, La Rivista dArte nella Secessione viennese 1898-1903 (Edizioni della Laguna di Mariano del Friuli).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.