Roma

Verdi, Rifondazione e no-global difendono il pachistano di Ostia

Verdi, Rifondazione e no-global difendono il pachistano di Ostia

Stefano Vladovich

Pakistano accusato di terrorismo: il gup non convalida l’arresto. È stato rilasciato dal giudice per l’udienza preliminare con una denuncia per possesso di arma impropria Mirza Abdul Rehman, il venditore ambulante di mais fermato all’alba di venerdì con l’accusa di terrorismo internazionale. Secondo gli inquirenti l’uomo, 44 anni e con regolare permesso di soggiorno, sarebbe l’autore dell’attentato fallito al McDonald’s di Ostia del maggio scorso. Non solo. Secondo un’ipotesi investigativa, ma che non è supportata da prove, l’extracomunitario avrebbe avuto un ruolo di secondo piano, di supporto, nell’azione dinamitarda alla sede distaccata del Tribunale di Roma rivendicata dagli anarchici della Fai. Rilasciato nella tarda serata di sabato, Abdul sarebbe rientrato nell’ex colonia Vittorio Emanuele III. Per 8 suoi connazionali, degli altri 13 fermati dagli agenti del XIII e dalla Digos, la Questura ha emesso altrettanti decreti di espulsione perché senza permesso di soggiorno. E mentre infuriano le polemiche sullo sgombero dello stabile comunale sul lungomare Paolo Toscanelli, in parte occupato abusivamente, il comitato di gestione del centro di prima accoglienza per immigrati ha indetto, questa mattina in Campidoglio, una conferenza stampa. In prima linea, fra i partecipanti, Action, il Coordinamento Cittadino di Lotta per la casa, Senza Confine, Arci Roma, Red Link, Corrispondenze Metropolitane, Acrobax, Rifondazione Comunista e Verdi. Sotto accusa, secondo gli okkupanti, il metodo usato dalle forze dell’ordine per quello che viene definito «rastrellamento, una caccia al pakistano». «Gli agenti - si legge in un comunicato firmato Vittorio okkupato - hanno fatto irruzione all’interno dei locali del “Vittorio”, nell’ambito di un’operazione antiterrorismo tesa a colpire soprattutto la folta comunità di immigrati provenienti dai paesi del sud-est asiatico (...). Un vero e proprio blitz che ha portato, senza alcun mandato, a una vera e propria caccia al pakistano durata quasi un’ora, con incursioni in molte stanze, perquisizioni a tappeto, pistole puntante al volto, intimidazioni di ogni sorta (...). Risultato? Un uomo di 44 anni (gravemente malato di cuore), fermato e rilasciato sabato sera, è stato oggetto di una grave montatura giornalistica. Lavora di fronte al locale, vi sembra possibile che commetta una sciocchezza proprio in quel posto?». I poliziotti che hanno condotto l’indagine fin dal primo momento, ovvero dal 7 maggio quando è stato piazzato il candelotto militare al McDonald’s, si difendono: «Pistole puntate al volto? Non le abbiamo neppure estratte dalle fondine. Abbiamo fermato per accertamenti 14 stranieri, di cui 8 clandestini, per non far insospettire, e impedire la fuga, l’indiziato numero uno, un personaggio che seguivamo da tempo. A inchiodarlo le telecamere del locale: i primi fotogrammi riprendono l’addetta alle pulizie del fast-food che entra in bagno e non trova nulla. Poi compare il pakistano che esce dopo 35 secondi. Per cinque minuti non entra più nessuno. Infine la stessa donna riapre le porte della toilette e trova il nebbiogeno innescato».
Sul caso due parlamentari di An hanno inviato un’interrogazione urgente al Ministero dell’Interno per conoscere eventuali iniziative per riportare la legalità nella struttura pubblica. «Da mesi ho allertato il comitato provinciale per la sicurezza - spiega Davide Bordoni, presidente del XIII Municipio -. L’edificio è sì autogestito ma nessuno è a conoscenza del numero e identità di tutte le persone ospitate. Una situazione pericolosa». L’eurodeputato di Forza Italia Alfredo Antoniozzi ha chiesto al commissario UE Franco Frattini un intervento coordinato con il Ministro degli interni italiano e degli altri paesi europei per monitorare le attività dei centri sociali. «Recentemente Veltroni ha promosso a Ostia la prosecuzione di attività sociali - aggiunge l'assessore Enrico Farina - per quanti occupano illegalmente.

È ora di finirla».

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