LA VERITÀ E I POLVERONI

Alla «versione» di Stefano Ricucci è seguita una raffica di smentite e l'annuncio di querele. In particolare Silvio Berlusconi, Gianni Letta e Pier Ferdinando Casini hanno reagito non solo alla loro chiamata in causa, ma al sostanziale tentativo di disegnare un coinvolgimento bipartisan nelle grandi manovre finanziarie dell'estate del 2005, peraltro tutte fallite. È successo che, nel giro di una settimana, c'è stata prima la divulgazione delle intercettazioni telefoniche sul caso Unipol con la viva voce di D'Alema e di Fassino e poi la diffusione dei verbali dell'interrogatorio di un anno fa del finanziere romano, pronto a dire - sono sue parole - «pure l'inverosimile», «pure quello che non so» al magistrato che lo interrogava pur di riottenere la libertà. L'immagine è quella del tentativo di attuare un'operazione a somma zero per i nomi coinvolti, cioè i vertici del centrodestra e del centrosinistra, con poche eccezioni. Dove per somma zero si intende il fatto che nessuno dei due schieramenti dovrebbe trarre un vantaggio dalla tempesta mediatica, dalla guerra dei titoli e delle pagine riempite con atti giudiziari. E dove, ancora una volta, a perdere è l'intero sistema politico.
Ma in questa stessa settimana è anche successo altro. Per la prima volta la magistratura ha aperto uno squarcio sull'intreccio tra politica e affari che c'è stato nella sinistra e che ha avuto al suo centro l'Unipol e i vertici della Quercia. Un atto dirompente, che ha smontato la favola dell'«Italia migliore» e gettato nella pattumiera la lunga stagione del «complesso di superiorità morale». Però, davanti a questo passaggio, è accaduto che l'opposizione ha mantenuto un atteggiamento prudente e garantista, non ha colto la facile occasione di infliggere un colpo alla maggioranza. Si è attenuta ai fatti, senza sollevare polveroni. Non ha concesso un centimetro al giustizialismo, a quel giustizialismo che dal 1994, dall'inizio del bipolarismo, vive costantemente sulla sua pelle. È stato il principale Tg di Mediaset ad amplificare la risposta di D'Alema. Del resto Silvio Berlusconi sa bene, per esperienza diretta, cosa significa «spallata giudiziaria», conosce il meccanismo dell'avviso di garanzia notificato prima a mezzo stampa e poi subito dopo durante la famosa conferenza internazionale di Napoli, sa valutare la differenza tra i fatti e i veleni, tra i fatti e le «versioni» contenute negli atti giudiziari.
Su questo passaggio, c'è infatti una domanda: perché la «versione» di Ricucci, un imputato impegnato nella propria difesa, deve essere considerata la verità, con tutti i nomi citati e tutti gli episodi raccontati? Infatti, in vicende come queste, quando l'opinione pubblica finisce con il divorare ciò che scrivono i media per cercare di capire quel che è il potere in Italia, il problema è sempre quello della verità dei fatti e non dei polveroni.

Un problema ancora più impegnativo, visto che è ormai trasparente il tentativo di far sì che la crisi dell'Unione si traduca nella crisi dell'intero sistema politico. Grazie all'uso della parola di un «furbetto del quartierino».

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