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Le verità occulte? Trame false ma incassi veri

Grazie alla loro ideazione, qualcuno si è creato un personaggio, qualcun altro una professione, alcuni hanno perfino vinto prestigiosi premi. Non c’è da meravigliarsi quindi che l’editore Castelvecchi abbia deciso di pubblicare Cospirazioni. Trame, complotti, depistaggi e altre inquietanti verità nascoste (di Kate Tuckett, pp. 224, 15 euro), ultimo di un’infinità di libri su presunti intrighi a opera di loschi e controversi individui.
Nessun dubbio sul suo esito: di certo venderà una decina di migliaia di copie, forse diventerà persino un bestseller. In Italia, l’ossessione per «le verità occulte» è una tendenza dura a morire. Negli ultimi cinquant’anni le versioni ufficiali di quasi tutti i più rilevanti fatti di cronaca sono stati messe in dubbio. Il caso di Luigi Calabresi, ribattezzato da molti maitre à penser «il commissario finestra» per l’imputazione di omicidio nell’incidente che costò la vita all’anarchico Pinelli, è forse il più tragico e il più noto. Meno note (e meno ricordate) sono invece le deliranti «controinchieste» di certi giornalisti e scrittori, poi clamorosamente smentite dal processo e dalla sentenza del giudice D'Ambrosio. Certo: la violenta campagna di stampa che costò la vita al commissario milanese è un caso limite, ma di interpretazioni dietrologiche, concepite in sfregio al buon senso e a verità balistiche e giudiziali, la storia del giornalismo è piena. E se alcuni abbagli possono essere in parte giustificati dalla deriva ideologica del decennio post-sessantottino, appare inspiegabile come ancora oggi possano animare il dibattito salottiero, degenerando spesso in un folclore grottesco. La vulgata del leggendario incontro (con relativo bacio sulle labbra) tra Riina ed Andreotti è indicativa. L’eloquio caustico, il passo felpato, l’aspetto fisico hanno da tempo trasformato l'esponente di punta della vecchia Dc in uno schermo ideale sul quale proiettare tutte le ombre dei più recenti «misteri italiani».
Fino alla sua esistenza, lo stesso partito scudocrociato è stato per antonomasia l’ipostasi di tutti i mali possibili e immaginabili. La paralisi del sistema politico della prima Repubblica ha poi peggiorato le cose: impossibilitati a guidare un esecutivo nazionale, Pci e sinistra extraparlamentare si sono concentrati su altri centri di potere e, una volta accaparrati, si sono dati da fare immediatamente per idealizzarli. È nata così la «società civile», un’espressione vaga e indefinita che indicherebbe una comunità onesta e laboriosa da contrapporre alle «consorterie dei poteri che cospirano, tramano e depistano». Per quanto fittizia ed immaginaria, alla fine questa versione è stata quasi unanimemente accettata, con buona pace della cronaca, della storia e della vera sociologia.


Ecco perché non ci sono dubbi che in Italia il libro di Kate Tuckett venderà diverse decine di migliaia di copie: è miele per molte delle api della nostra opinione pubblica, e non solo per quelle. Ecco perché, se lo cercherete nelle librerie italiane, non lo troverete di certo accanto alle spy story di Ken Follett o Patricia Cornwell, ma vicino ai saggi di storia di Denis Mack Smith e Renzo De Felice.

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