Franco Battaglia*
Quello di Chernobyl è stato il più grave incidente mai occorso in oltre 50 anni di produzione denergia elettrica da fonte nucleare. Le conseguenze dellincidente dimostrano che questa è la fonte delettricità più sicura oggi disponibile. Naturalmente, tutti credono che sia la più pericolosa, perché così è stato fatto credere da chi (i Verdi, ad esempio) ha avuto linteresse, tutto politico, a demonizzarla.
Gli effetti di quell'incidente sono stati esaminati - a 10, 15 e 20 anni di distanza - dallUnscear (Comitato scientifico dellOnu sugli effetti delle radiazioni atomiche) i cui rapporti rappresentano il lavoro di oltre 100 scienziati appartenenti a 20 nazioni diverse. Ogni rapporto conferma i risultati del precedente: il numero totale di decessi attribuibili allincidente di Chernobyl «è inferiore a 60».
Più precisamente, tre lavoratori morirono sotto le macerie dellesplosione, e dei 237 tra lavoratori nella centrale e soccorritori cui fu diagnosticata la sindrome acuta da radiazioni (poi confermata a 134 di essi), 28 morirono entro pochi mesi. Dei rimanenti, ulteriori 19 sono morti tra il 1987 e il 2004 «per varie cause» (tra cui un incidente dauto). Gli altri sono ancora vivi. «Se si esclude lincremento di casi di tumore alla tiroide in persone che avevano tra 0 e 18 anni al momento dellincidente, non si sono osservati aumenti dincidenza di alcuna malattia attribuibile alle radiazioni, inclusi effetti riproduttivi, ereditari, tumori solidi e leucemie».
Il tumore alla tiroide è «lunica patologia correlabile alle radiazioni di cui si è osservato aumento dincidenza». La correlazione nasce dal fatto che, in seguito allesplosione, uno dei radionuclidi dispersi nell'ambiente fu lo iodio-131 che, pur avendo un tempo di semi-vita di soli 8 giorni (per cui si disintegra totalmente nel giro di poche settimane), si accumula nella tiroide nei normali processi metabolici dellelemento, e la presenza nellambiente aumenta i rischi di neoplasie. Subito dopo lincidente si procedette con uno screening a tappeto sulla popolazione di Ucraina, Bielorussia e Russia, e nel periodo 1986-2000 furono diagnosticati circa 4000 casi di tumore alla tiroide, «un numero considerevolmente maggiore di quel che ci si sarebbe potuto attendere da ogni precedente conoscenza», recita il rapporto dellUnscear. Uno dei fattori sono stati i tumori alla tiroide cosiddetti «occulti»: non hanno alcuna manifestazione patologica e sono riconoscibili solo in seguito ad autopsie eseguite su decessi per altra causa. Occorrono ovunque e con incidenze variabili. Ebbene, prima di Chernobyl lincidenza in Russia, Bielorussia e Ucraina era tra 100 e 1000 volte inferiore di quelli occulti. Il rapporto dellUnscear sostiene che «di tutti i casi di tumore alla tiroide diagnosticati dopo il 1986, sono nove quelli che hanno avuto decorso fatale».
Insomma, il numero massimo di morti attribuibili allincidente di Chernobyl è 59. Meno di 60 e non le migliaia che molti media e responsabili politici (Verdi, soprattutto) hanno asserito e continuano indisturbati ad asserire. Costoro, piuttosto, sono i veri responsabili del più grave danno sanitario riscontrato dallo studio dellUnscear: «Le conseguenze psicologiche subite dagli abitanti le zone vicine allincidente sono state simili a quelle dei sopravvissuti alle bombe atomiche». La cattiva informazione e la propaganda terroristica «etichettarono quelle popolazioni come vittime di Chernobyl attribuendo loro il ruolo di invalidi, e incoraggiandoli a percepire sé stessi come disperati, deboli e senza prospettiva di alcun futuro: ed è noto che se una situazione è percepita come reale, essa diventa reale nelle sue conseguenze».
Ad esempio, quasi 350.000 persone furono «riallocate» senza alcuna ragione. Più precisamente, inizialmente si decise di evacuare temporaneamente i 50.000 della città di Pripyat: una decisione saggia, motivata dal sospetto che lelevata temperatura avrebbe potuto fondere il cemento del pavimento su cui era poggiato il reattore facendolo precipitare nel sottosuolo. Pur fugato questo rischio, levacuazione temporanea divenne deportazione definitiva e si estese ad altre 300.000 persone che patirono i danni psicologici già detti. La ragione dichiarata delle deportazioni fu però il cervellotico principio secondo cui qualunque dose di radiazione, anche minuscola, è letale. Questo principio, nato come ipotesi di lavoro quando non si sapeva nulla degli effetti delle radiazioni, divenne, nelle mani dei Verdi e degli ambientalisti, verità scientifica, e tale è rimasto anche quando ogni successiva indagine ne ha sconfessato la validità.
Ecco perché il più grave incidente mai occorso in oltre 50 anni di produzione denergia elettrica da fonte nucleare dimostra che è questa la più sicura fonte di energia elettrica oggi disponibile.
*docente di Chimica Ambientale-Università di Modena
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