Caro Granzotto, un cenone di 22 portate e poi lo zampone e le lenticchie dopo il brindisi di mezzanotte. Ci sono tutti i classici: dal vol au vent ai gamberetti in salsa rosa; dal salmone alle pennette agli scampi e lultima portata dopo i secondi sono i peperoni con la bagnacauda, un vero e proprio digestivo. È uno dei tanti cenoni di Capodanno pubblicizzati alla modica cifra di 60 euro. Ma ha ancora senso tutto questo? Siamo fermi al dopoguerra, ai modelli del mangiare per esorcizzare la fame, ma oggi se cè una guerra è quella contro il disordine che noi stessi abbiamo creato. Siamo una società ipernutrita, grassa e senza tante idee. Il Cenone di Capodanno mette in risalto altre contraddizioni: la prima è lo spreco. La seconda è la solitudine perché, invece di proporre momenti di festa, si invita a stare a tavola per ore. Terzo aspetto: asparagi e fragole. La cartina di tornasole di tutti questi menu abbondanti è che infilano una serie di prodotti che nulla hanno a che vedere con la stagionalità. Ed è una continua macedonia di involtini di asparagi (ma non crescono ad aprile?) o di fragole (che da noi arrivano a maggio). Ma nei menu guai a proporre uninsalata fresca (non porta soldi). Ecco il mio consiglio per il Capodanno: un piatto di sostanza e tutto il resto in tavola, così che ognuno si serva di ciò che desidera, senza quelle maratone noiose e prive di senso. Piuttosto si ricominci a cantare e a giocare, ad ascoltare insieme qualcosa che sia bello. E poi a mezzanotte, il botto non sia la violenza su uno spumante, ma si apra la migliore bottiglia che si ha in cantina. Abbiamo bisogno di segni di affetto ben diversi dallomologazione e dalla quantità, abbiano bisogno di tornare a usare il cibo come comunicazione di affetto, non come ostentazione di uno status, piuttosto omologato.
Presidente del Club Papillon
e-mail
Per i lettori che, hai visto mai, non ne fossero a conoscenza, dirò che Paolo Massobrio è un autorevole critico enogastronomico, ma dal taglio non spocchioso e snob. Lunico a prestare attenzione anche alle piccole trattorie, alle superstiti osterie dove certo non si potranno gustare, diciamo così, le pacchianate della cucina molecolare o fusion, però vi si mangia alla grande. Nel suo recente Adesso, 365 giorni da vivere con gusto ha voluto condensare il meglio di un insegnamento che guarda caso a noi del Circolo del Tavernello suona familiare (a proposito: cedendo alle continue, insistenti sollecitazioni, una volta messo a punto lo statuto si procederà, nellanno incombente, al tesseramento. Forse). Giusto quindi che Massobrio lanci un jaccuse ai cenoni «da dopoguerra», pantagruelici, sciammannati, indigesti e scenografici, per un ritorno al decoroso piacere della buona tavola del dì di festa. Oggi è San Silvestro e dunque siamo giusto in tema: anche se oramai i giochi sono fatti, cè sempre il tempo per una limatina al menu in modo da renderlo, ove risultasse eccessivamente Billionaire, più domestico, testimonianza e tramite di un affetto, come suggerisce Massobrio, non ostentazione di uno status. Per quanto mi riguarda, questa sera procederò nel solco della tradizione emiliano-friulana che mi è cara. Ouverture con i classici turtlén, i tortellini (limpasto è quello prescritto dal disciplinare: lombo di maiale, fesa di vitello, prosciutto crudo, mortadella, parmigiano stagionato anni tre, uova e una grattatina di noce moscata) in brodo di cappone. Sistemata lEmilia, toccherà al Friuli con la brovada e muset, cioè cotechino friulano e rape acide (devono macerare nella vinaccia almeno quattro mesi, sennò è mangime per inappetenti). Infine il gran finale: bigné fritti e caramellati.
Paolo Granzotto
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.