Una Firenze livida e cupa, una città feroce e violenta, il lato irrazionale e demoniaco della patria del Rinascimento. È il set dei romanzi di Michele Giuttari, è anche lo sfondo dell’ultima prova narrativa dell’ex poliziotto, per otto, lunghi anni a capo della squadra mobile del capoluogo toscano: Le rose nere di Firenze (Rizzoli). Al pari degli altri libri di Giuttari, anche questo è stato comprato quasi in automatico dagli inglesi che ormai lo venerano come un maestro del noir. Anzi, per dirla con il Times, Giuttari «è il principale autore italiano di polizieschi».
È dalla fine gli anni Novanta che Giuttari ha iniziato la sua seconda vita, ma è nel 2007 che The Times si è accorto di lui e del suo romanzo Scarabeo, uscito nel 2004 per Rizzoli e appena tradotto in inglese. Il quotidiano londinese inviò addirittura una giornalista a Firenze per intervistarlo. L’anno dopo è The Independent a metterlo in cornice: il romanzo La loggia degli innocenti diventa uno degli ottanta libri da infilare in valigia per fare il giro del mondo. Giuttari che, ironia della sorte è siciliano di Messina, diventa la guida per la Toscana così come Camilleri lo è per la Sicilia. Ma Camilleri è già una celebrità, anche se pure lui al successo è arrivato tardi, Giuttari è una novità, eppure diventa il secondo italiano indispensabile per il tour tricolore. Gli inglesi evidentemente sono stregati da quella sua capacità di lasciarsi inghiottire nelle viscere maledette della città di Giotto e Brunelleschi. Le fondamenta dei grandi palazzi che hanno fatto la storia dell’arte sono le stesse che sorreggono storie terribili, morti crocifissi al letto, donne violate, sette massoniche, mostri. Sì, il Mostro, lo stesso mostro che ha firmato sedici delitti dal 1968 in poi ed è diventato l’incubo di almeno due generazioni di detective toscani. Giuttari è stato uno dei protagonisti dell’ultima fase investigativa, quella che ha portato, fra feroci polemiche e divisioni, prima all’arresto di Pacciani e poi dei «compagni di merende» e successivamente, in un’indagine che di fatto non è mai finita, ai presunti mandanti e alle logge fra la Toscana e l’Umbria. Molti, anche chi scrive questo articolo, considerano errata la pista della «cooperativa» di mostri e vicemostri e ritengono invece che i delitti siano stati firmati da un killer solitario di cui il giornalista Mario Spezi - peraltro a sua volta arrestato dai magistrati di Perugia in un cortocircuito investigativo - lascia intravedere nome e cognome. Ma ormai le polemiche sono archeologia giudiziaria, quel che conta è altro: Giuttari reinventa in chiave narrativa quelle ossessioni, quel mondo popolato di feticci, solstizi, donne bellissime e tiene inchiodato il lettore con continui colpi di scena per centinaia di pagine.
In Italia il successo è discreto, anche con un testo che parla direttamente, senza filtri narrativi, dei compagni di merende: Il mostro. Anatomia di un'indagine (Rizzoli, 2006). Ma è all’estero che Giuttari diventa una celebrità: viene tradotto in tedesco, svedese, danese, francese, maltese, spagnolo, viene esportato come le griffe dei nostri stilisti in 104 paesi di lingua inglese, diventa un fenomeno editoriale. La scorsa estate ancora The Independent lo consacra proponendo La donna della ’ndrangheta (Rizzoli, 2009) fra i 50 libri delle vacanze. E a scorrere quel catalogo si scopre che l’outsider Giuttari è l’unico italiano. Ora escono i dati relativi al 2009, l’anno in cui gli inglesi hanno letto Il basilisco, e si scopre che Giuttari è entrato nell’olimpo della top ten dei più tradotti nel Regno Unito: si è piazzato nono, con 83892 copie vendute, dietro personaggi come Stieg Larsson, Carlos Zafon e Paulo Coelho. Insomma, provando a semplificare, gli stessi turisti che corrono ad ammirare la città di Dante e dei Medici, rovesciano grazie a Giuttari la cartolina di Camera con vista e ne scrutano turbati l’altro lato. Tenebroso. «In ogni caso - spiega lui - io sono più apprezzato a Londra che a Milano o Firenze. Forse perché sono estraneo a certi salotti culturali, a certi giri e a certe mode».
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