Il vero nemico di Marx fu il liberalismo e non il fascismo

Il comunismo è ancora vivo e vegeto, diceva una volta uno che si chiamava Silvio Berlusconi. È vegeto perché molti non l’hanno studiato a dovere e si limitano a dire che fondandosi su di un’utopia politica, esso non si è mai realizzato e ha finito per scomparire con le dittature di stampo sovietico. Invece il premier sapeva bene che il capitale di Marx voleva descrivere un fenomeno che, partendo dall’imprenditoria agricola dell’era industriale avrebbe raggiunto il suo culmine proprio attraverso una nuova società fondata da nuove classi di potere asservite a uno statalismo esasperato.
In questo senso il principale nemico del comunismo non è stato mai e mai sarà il fascismo, ma piuttosto il liberalismo, perché capace di mettere l’unico freno efficace al processo di cui sopra; ovvero la creazione di una società basata sul libero mercato che invece di penalizzare la classe media, come urlato dall’opposizione, permette di creare sempre nuove classi di potere economico guidate da persone che posseggono le capacità richieste per costruire la scalata.

Il federalismo e la deregulation si muovevano, infatti, su questa realtà e sono state il principale obiettivo dell’ostruzionismo parlamentare che veniva dai banchi della sinistra.

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