Un programma ce l’ha, aveva fiutato bene il suo sodale Di Pietro che giustamente se l’è scelto come ideologo di riferimento, ma ci ha visto giusto anche la Serracchiani che all’Unità dice «dobbiamo fare in modo che il Pd sia davvero il contenitore anche per Grillo», come ha capito tutto pure il comico Crozza, il quale lo voterebbe alla segreteria Pd perché «almeno un’idea lui ce l’ha». Ce l’ha, ce l’ha, altroché se ce l’ha. Eccolo il programma del neo iscritto piddino e candidato autoimposto alla leadership del Partito democratico, Beppe Grillo: «Ci vuole una dittatura, una dittatura dal basso. La democrazia sta fallendo, dobbiamo trovare un nuovo modello, la dittatura democratica sarebbe meravigliosa».
Meravigliosa una «dittatura democratica», dice lui, la democrazia ormai è da buttare, dice lui, l’unica strada è un regime autoritario gestito dalle masse connesse a internet, dice lui. Altro che democrazia, è la dittatura del proletariato computerizzato la via maestra per liberare la società dal giogo delle Caste. Non male per uno che si candida segretario del partito Democratico. Non male, l’elogio del totalitarismo, per uno che si identifica con gli appelli dell’Idv contro la «dittatura alle porte» del governo di centrodestra. La bestialità concettuale, l’ossimoro da giullare aizzatore di piazze, l’ultima buffonata di un Saint-Just da osteria è quella che Beppe Grillo in persona ha spiegato poco più di un mese fa ai microfoni di una tv locale di Pavia, TelePaviaweb, pensando forse di non essere sentito fuori dalle mura pavesi. Prima di un comizio/show nella piazza cittadina, siamo al 28 maggio scorso (prima di buttarsi nella mischia del Pd), il leader in pectore del Partito democratico spiega il suo grande progetto riformatore (riportiamo testualmente il passaggio, per seguire l’intero sproloquio potete vedere sul sito www.telepaviaweb.tv). «Sarei favorevole a una dittatura se chiunque avesse accesso alla dittatura. La democrazia sta fallendo, stiamo cercando qualche altro sistema e non c’è. La dittatura dal basso, democratica, potrebbe essere meravigliosa. Se tutti avessero la possibilità di accedere per fare i dittatori io sarei d’accordo. Qui siamo davanti a una grande rivoluzione che i media non hanno capito».
Ammettiamo subito di non capire nemmeno cosa sia una «dittatura democratica», nozione finora sfuggita ai teorici delle dottrine politiche, probabilmente sforniti di connessione internet e perciò ottusi dai poteri forti. Meno male che c’è Grillo a riformare la politologia con concetti nuovi, come questa idea di un totalitarismo degli smanettoni web, un regime autoritario organizzato attraverso circoli di cittadini-dittatori - lo dice lui -, qualcosa di simile (di preoccupantemente simile) alla rete dei meet up, i comitati di grillini sparsi per tutta l’Italia. Il problema è che questa non è l’ultima battuta di un comico in età da pensione, non è lo scherzo spiacevole di uno showman che da almeno 20 anni campa e guadagna (milioni) sulla dietrologia d’accatto e sull’immagine da Savonarola anti-sistema. Questo fa sul serio, organizza liste civiche, fa eleggere consiglieri comunali (anche in grossi comuni come Bologna), in combutta con Di Pietro e con il loro comune stratega delle web community, Gianroberto Casaleggio e la sua Casaleggio Associati. Qui c’è un comico che sta mettendo in crisi il primo partito d’opposizione per spianare la strada all’Idv, o a chissà che altro, una «dittatura dal basso» per esempio.
Il Giornale ha già descritto le manovre sotterranee di questo gruppo, le contraddizioni continue e madornali tra propaganda e interessi, la strategia precisa dietro la parvenza di ribelli per puro amore della libertà. Ieri altri si interrogavano sull’emergere del grillismo-dipietrismo come fenomeno di massa. Europa, per esempio, quotidiano dell’ex Margherita, nell’editoriale di prima pagina azzardava un paragone inquietante tra i «nuovi untorelli» (Grillo, Di Pietro, Travaglio... ) e la contestazione Anni settanta: il grillismo-dipietrismo sarebbe, secondo il quotidiano del Pd, «un estremismo di sinistra che può riconoscersi in uomini di destra con tratti di autoritarismo». Le piazze di Grillo come remake delle piazze sessantottine, col paradosso però di trovarsi come leader naturale l’ex poliziotto Di Pietro. È a questo che pensa Grillo quando parla di «dittatura dal basso»? Anche La Stampa analizza il fenomeno Grillo come un caso politico che non fa per niente ridere, ed è Massimo Granellini a descrivere il comico come «l’ideologo di una piccola minoranza che si sente il centro buono del mondo: la classica malattia dei drogati di Internet che sopravvalutano la Rete, sovrapponendo la vita che scorre lì dentro a quella reale».
Grillo, grazie al suo sito che è tra i primi in Europa per numero di accessi (glielo ha fatto Casaleggio, uno che con la sua società traffica con enormi banche d’affari, multinazionali, tutti i grandi nemici di Grillo per intenderci... ), ha creato una comunità di «grilliani» abbeverati del suo verbo, un popolo a cui lui vende dvd, libri, spettacoli, e un’ideologia dal packaging attraente: la rivoluzione attraverso la Rete. È lo stesso messaggio che anche Di Pietro utilizza sul suo blog e sul sito dell’Idv, accusando l’informazione di regime delle tv e dei giornali, ed è ancora lo stesso progetto che diffonde la Casaleggio Associati (ripetiamolo: consulenti di Grillo e Idv) attraverso video visibili sul loro sito, video come «Gaia, il futuro della politica», dove si preconizza un mondo in cui la politica è governata direttamente dagli utenti di internet, senza Parlamenti o istituzioni rappresentative. Il contrario della democrazia rappresentativa, forse l’alba di una nuova Casta, la Casta (o il regime) tecnologica. Deliri, fantascienza da smanettoni, forse, ma è quello a cui pensa Grillo.
Già, Grillo e la dittatura dei mouse, l’autoritarismo via internet, una barzelletta detto da lui che qualche anno fa cominciava gli show sfasciando un pc con una mazza. Ma ci ha abituato all’incoerenza, un capitolo talmente lungo che va diviso in paragrafi. Uno è quello dell'ambientalismo e delle energie rinnovabili: ricorderemo solo che la villa di Grillo (lo rivelò l’ex amministratore dell’Enel Chicco Testa) consuma 20 kilowatt contro i 3 medi di una famiglia italiana. In altre parole l’ecologista Grillo consuma energia come sette famiglie italiane. Ma non era per il risparmio energetico? Ma fosse solo questo. Paragrafo giustizia. Ricordate la campagna per il Parlamento pulito? Se applicassimo l’idea di Grillo e tenessimo fuori da Camera e Senato i pregiudicati, Grillo non potrebbe essere eletto. Tutta colpa di quel brutto incidente in cui morirono tre persone e da cui Grillo uscì con una condanna (Appello e poi Cassazione) a un anno e quattro mesi col beneficio della condizionale. Ma non era contro i pregiudicati? Bazzecole, ricordiamoci di quell’altra buffonata, quella del terrazzo di cento metri quadrati fatto costruire a Sant’Ilario, nella bella villa che possiede, alla faccia dei regolamenti: mise tutto a posto con un bel condono, sì proprio i condoni di abusi edilizi che denuncia sul suo blog. È ancora lo stesso Grillo, quello che sostiene la democrazia (pardon, la dittatura) dal basso, il web che supera i limiti degli Stati corrotti, a scrivere sul suo sito - a proposito di immigrazione - che «una volta i confini della Patria erano sacri, i politici li hanno sconsacrati», come fosse il leader di Forza nuova. Ed è sempre lui, il paladino degli oppressi, a navigare su yacht, a sedersi su Ferrari, Porsche e Maserati, e a dichiarare al fisco nel 2005 4.272.000 euro. Una sofferenza, lo comprendiamo, se diamo retta ai racconti sulla sua incredibile taccagneria.
Torniamo al discorso pavese di Grillo, l’appello per una dittatura che spazzi via la democrazia. Quel giorno lì, in piazza, Grillo invitò altri oratori grillini tra cui la candidata sindaco della sua lista civica a Pavia, Irene Campari. Iniziò il suo discorso, la candidata sindaco, dicendo che alle cinque stelle di Grillo (i punti del suo «programma» politico) andava aggiunta un’altra stella, la democrazia. Raccontano che il suo discorso finì lì, dopo nemmeno 3 minuti, perché il microfono le fu gentilmente tolto dallo stesso Grillo.
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