«Il vero rinnovamento sono io»

Seduto in una comoda poltrona Gianni Petrucci, 63 anni, non si scompone più di tanto. «Sono tranquillo» dice, anche se la poltrona in questione non è quella che da dieci anni detiene come capo dello sport italiano. «Però...». Siamo in un albergo, con un viavai di dirigenti sportivi che alla vigilia delle elezioni del Coni fanno presagire che il pronostico non sia sbagliato. «Caaaro Presidente», dice uno accentando la «p», e gli occhi di Petrucci brillano come quelli di Zio Paperone davanti a un registratore di cassa: più uno. Trattasi di voti, in questo caso, e siccome il «Caaaro Presidente» si ripete un po’ di volte, il conteggio comincia a farsi a senso unico. «Ha visto quel signore? - fa lui a un certo punto abbassando la voce - Ecco: è una delle persone più corrette che conosco. Il suo presidente forse non mi voterà, però lui ci ha sempre dato la massima collaborazione». Come dire: l’uomo - Petrucci s’intende - ci sa proprio fare.
In attesa di mercoledì, giorno del voto («beh, un po’ di emozione c’è, devo ammetterlo»), resta appeso quel «però» di cui sopra, e da lì si comincia.
Però, presidente...
«Già, però. Il caso Rebellin».
Proprio adesso tra l’altro.
«Non è quello. È che è una medaglia olimpica...».
Insomma, lei è nel suo ufficio e arriva la notizia. Che faccia fa?
«Ma che vuole, non sarebbe neanche il caso di commentare».
Commenti invece...
«Io dico solo: prima delle Olimpiadi il Coni ha fatto firmare a tutti un giuramento di lealtà, praticamente un contratto. Che cosa possiamo fare di più?».
In effetti...
«Appunto, niente. Se non aspettare le controanalisi».
E mentre aspettiamo passiamo a un’altra nota dolente: il calcio.
«Ma no, perché? Non è così male».
Lei dice? Esempio: il caso Balotelli...
«Ho sentito molte giustificazioni: contro il razzismo la guerra si deve fare senza tentennamenti».
Però...
«Guardi, indipendentemente da queste vicende e da quelle della Lega, io credo che sia stato fatto qualcosa».
Tipo?
«Parlo della federazione intanto: Abete ha saputo creare un senso di appartenenza. L’orgoglio di far parte di un calcio così importante».
Un calcio che però a livello di club non vince più.
«Perché? Anche lei crede che Inghilterra e Spagna stiano meglio di noi?».
Beh, intanto vincono.
«Sì, ma riparliamone tra qualche anno, bilanci alla mano».
Quindi ottimista.
«Molto: i cavalli si vedono sempre all’arrivo».
Ma lei ha fiducia dei fantini?
«Le faccio un esempio: Claudio Lotito. Ha risanato una società e l’ha portata a ridosso delle grandi. Molti dovrebbero prendere esempio. E non solo nel calcio».
Per esempio?
«Per esempio nel basket. In Europa squadre come Cska e Barcellona spendono 3 volte quello che spende Siena. Ma vedrà: abbiamo ragione noi».
A proposito di basket: una parola sullo scandalo arbitri.
«Aspettiamo a dare giudizi, lasciamo lavorare i giudici e Meneghin».
Già, Meneghin: una sua vittoria.
«Una vittoria del basket che ha fatto una scelta intelligente. Noi del Coni abbiamo fatto bene a proporlo come commissario: è un leader, come quando era in campo. E poi sa...».
Dica.
«Parla anche le lingue straniere: non guasta a livello internazionale».
Un ottimo dirigente.
«Assolutamente».
Come i suoi rivali alla corsa per il Coni, almeno così lei ha detto. È rimasto il presidente del Golf Chimenti.
«Certo, ottimi dirigenti. Barelli ad esempio ha condiviso tutte le delibere di questi 4 anni meno due, anche se ora non è più candidato e non dovrei parlarne. Chimenti? Lui tutte. E adesso parla di rinnovamento...».
Eppure lui dice di avere i voti per vincere.
«E io allora gli dico: complimenti!».
Davvero non teme?
«Senta: il mio posto fa gola perché lo sport dà visibilità e regala molte gioie. Ma nella vita ho visto molte persone felici che si occupano d’altro».
Qualcuno dice: la politica non dovrebbe entrare nello sport.
«E io le dico: così come è posta la domanda, è impossibile».
Sicuro?
«La politica fa parte della nostra società, l’importante è che ci sia il giusto distacco tra i politici - che servono - e chi gestisce. Tutti noi abbiamo idee politiche. Del resto: voi giornalisti del calcio non fate il tifo per nessuno?».
Si figuri. E allora, faccia una promessa: «Se sarò rieletto...».
«Se sarò rieletto caccerò tutti quelli che non mi hanno votato...». Poi ride e abbranca il braccio armato di penna: «Ma no, stavo scherzando, questo non lo scriva...».
Rifacciamo, allora.
«Se sarà rieletto mi impegnerò a comportarmi come ho fatto negli ultimi quattro anni, anzi come si è comportata la mia squadra: con umiltà e modestia».
Basterà?
«Se basta, vincerò».
Altra promessa?
«Lo sport a scuola: già sentita, lo so. Però...».
Però questa volta...
«Questa volta sono determinato: Arese, il presidente dell’atletica, ne parla ad ogni consiglio. È arrivato il momento di dargli più ascolto».
La teniamo d’occhio. Intanto: un sogno per i prossimi quattro anni.


«Hockey su prato e pallamano ai Giochi. Sono le uniche due federazioni che mancano».
E poi, nel 2013?
«Mi creda: certezze non ne ha nessuno, siamo nelle mani del Signore. E lo è anche chi me le chiede. E questo lo scriva...».

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