«Il vero segreto è puntare sulle donazioni»

A proposito di fuga dei cervelli, eccone qua uno. Paola Barbarino, quarantenne ex archeologa napoletana, una carriera nel management dei musei londinesi; in ultimo, per due anni, come «Head of individual giving» alla Tate gallery, ovvero responsabile delle donazioni private. Oggi è il nuovo direttore per lo Sviluppo alla Cass Business School.
Dottoressa Barbarino, è difficile cercare fondi per la cultura?
«Basta un po’ di fantasia. Quando ero nello staff della British Library, ho lavorato al progetto “Adopt a book“, adotta un libro»
Vale a dire?
«Chiedevamo soldi ai privati per restaurare opere importanti. Chi adottava un libro aveva diritto ad avere il proprio nome sul frontespizio. Ma poteva anche dedicarlo a qualcuno»
Risultato?
«Un successone, era un prodotto che vendevamo come il pane»
Funziona anche per le collezioni museali?
«È un po’ diverso. Anche alla Tate mi sono occupata per due anni di found raising che però avviene a diversi livelli: quello che si occupa delle major donations, ovvero i grandi amici del Museo, in genere collezionisti con forti patrimoni; poi quello delle aziende private, che in genere finanziano progetti didattici, e infine quello delle fondazioni»
Quanto incidono le donazioni sul fatturato del museo?
«Oltre un terzo»
La Tate di Londra fattura 12 milioni di sterline per bookshop e merchandising, altri otto milioni per ristorazione e coffebar. Sono molti soldi..
«Il vantaggio è che si può accedere ai settori commerciali anche senza visitare le mostre. A differenza di quanto avviene in Italia, non vedrà mai code ai botteghini».
Ma il museo è totalmente gratuito?
«Si paga solo per le mostre speciali, ma di fatto le famiglie e i bambini sono abituati a frequentare un’istituzione che non si chiama neanche più museo.

Produce attività didattiche e offerte culturali continue, anche nella musica»
Perchè in Italia il found raising non prende piede?
«Va detto che nel nostro Paese manca un vero regime di sgravi fiscali per le donazioni come in Inghilterra. Poi parliamo di professionalità in cui ci si può improvvisare. In Italia mancano anche nei grandi musei...»
Tornerebbe in Italia?
«Ci torno, per le vacanze»

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